Errori giudiziari, la storia di Aldo Scardella raccontata dal fratello

“Esistono sufficienti indizi di colpevolezza a carico dell’imputato”, con questa frase spesso gli inquirenti e i giudici mettono fine a indagini e processi che a volte sembrano non portare da nessuna parte, altre volte semplicemente perché si vuole archiviare il caso.

La legge, ahimè, non è uguale per tutti. Perché le regole sono scritte e messe in pratica dagli uomini, e gli uomini hanno pensieri soggettivi sulle azioni e quindi sui reati.

Si lasciano influenzare dalle emozioni, dalla rabbia, dalla necessità di avere un risultato e mettere la parola fine. Dalla sete di giustizia che più è intesa e più berrebbe qualunque cosa pur di dissetarsi. Dalla necessità di dimostrare di aver trovato il colpevole: giustizia è fatta!

E così che Aldo Scardella si è trovato impigliato nelle indagini per l’omicidio di Giovanni Battista Pinna. La necessità di chiudere le indagini e trovare il colpevole ha portato gli inquirenti a puntare il dito sul ragazzo, senza mai girarsi indietro a riflettere se gli indizi fossero reali prove, o semplici depistaggi.

Nessun indizio fu poi associato all’accusato. Ma negli anni Ottanta non si tornava indietro. Era un periodo in cui una volta messa in moto la macchina della giustizia, questo processo diventava irremeabile. Sicuramente tutti ci ricordiamo del caso di Enzo Tortora, condannato solo perché fu il primo nome che venne in mente ad un pentito…

E Aldo Scardella fu condannato. Arrestato e abbandonato al suo destino. Solo dopo il suo suicidio, le insistenze dell’opinione pubblica e del fratello del ragazzo, si pensò di analizzare gli indizi in maniera più accurata, tanto che si trovarono i veri colpevoli dell’omicidio.

Aldo muore in carcere con l’etichetta di colpevole, nonostante il biglietto trovato vicino al corpo che diceva “Perdonatemi per i guai che ho causato. Muoio innocente”

Aldo muore in carcere con l’etichetta di colpevole e quell’etichetta, dal punto di vista giudiziario gli è rimasta, nonostante dopo dieci anni si scoprì che i veri colpevoli erano quelli della “banda di Is Mirrionis”, pregiudicati e già noti alle forze dell’ordine con precedenti penali.

Avere fiducia nella giustizia è un atto dovuto, altre volte un terno al lotto…

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