Esportazione di prodotti sardi per 435 milioni di euro verso i mercati emergenti di Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa più Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran.
Che cosa parte per quei Paesi? Dai derivati della lavorazione del greggio al know how tecnologico fino ai prodotti della manifattura delle pmi sarde come alimentari, prodotti in legno e metallo, pelletteria, abbigliamento e tessile, mobili e ceramiche.
Ma anche semilavorati lapidei, prodotti chimici, macchinari e attrezzature. Si tratta di movimenti che incidono sul valore aggiunto regionale per l’1,4%. È quanto emerge dall’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna.
Secondo il dossier, l’isola è al 13esimo posto nella classifica nazionale, aperta dalla Lombardia con 14miliardi e 300milioni. “Gli scambi commerciali, soprattutto verso i Paesi emergenti, rappresentano una chiave di crescita anche per le micro e piccole imprese, che proprio su questi mercati possono proporre il made in Sardegna e i prodotti di nicchia su elevati trend di qualità -commenta Fabio Mereu, presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – per incentivare e rendere più efficace l’export delle microimprese della nostra regione, per questo è necessario sviluppare politiche di internazionalizzazione per “fattore” e non per “settore”, promuovendo in modo strategico all’estero l’intero “sistema Sardegna”.
I dati più recenti (del 2018) sul gruppo originario (Brasile, Russia, India e Sudafrica) facevano registrare 49milioni di euro di merci vendute e l’ultimo posto occupato nella classifica nazionale. A livello territoriale apriva Cagliari 37,8milioni di euro cui seguiva Olbia-Tempio con 3,2, Nuoro con 2,4, Sassari con 3,3, Oristano con 1,3, Carbonia Iglesias con 8mila euro e il Medio Campidano con 100.