Ammonta a 13 miliardi di euro la spesa complessiva sostenuta dalle famiglie italiane per i lavoratori domestici, colf e badanti, con un impatto sulla produzione di 21,9 miliardi di nuovi beni e servizi generati e un risparmio per lo Stato di circa 6 miliardi (lo 0,3% del Pil), l’importo di cui dovrebbe farsi carico se gli anziani accuditi in casa venissero ricoverati in una struttura.
I dati emergono dal sesto rapporto annuale sul lavoro domestico a cura dell’Osservatorio Domina, presentato oggi in Senato, una fotografia su realtà e tendenze del lavoro domestico in Italia, che per la prima volta quantifica anche l’indotto.
Secondo i dati Istat revisionati nel settembre 2024 e contenuti nel rapporto, nonostante una diminuzione negli anni, il tasso di irregolarità nel lavoro domestico resta elevato, attestandosi al 47,1% nel 2022.
L’irregolarità incide anche sulla spesa complessiva: dei 13 miliardi, 7,6 miliardi derivano dalla componente regolare e 5,4 miliardi da quella irregolare.
Complessivamente, tra lavoratori e datori di lavoro, il settore conta 1,7 milioni di persone censite dall’Inps.
Applicando il tasso di irregolarità, secondo le stime di Domina, il numero di persone coinvolte quasi si raddoppia, superando i 3,3 milioni.
Stando al rapporto, il lavoro domestico produce 15,8 miliardi di valore aggiunto, pari a un punto percentuale di pil generato.
Ma se si considera l’intero settore della cura (care economy) il valore economico è quantificabile in 84,4 miliardi di euro, il 4,4% del pil totale.