Fermata una 19enne, ‘Andava a combattere in Siria per l’Isis’

Una 19enne, nata in Kenya e residente nel Milanese, è stata fermata con l’accusa di “arruolamento con finalità di terrorismo internazionale” mentre cinque giorni fa, il 30 novembre, si stava per imbarcare dall’aeroporto di Orio al Serio (Bergamo) per la Turchia per poi raggiungere la Siria e andare a combattere, nello scenario di guerra in corso, per l’Isis, dopo un “processo di radicalizzazione”.

Il fermo è stato effettuato nell’inchiesta condotta dalla Digos e coordinata dalla pm di Milano Francesca Crupi e dal procuratore Marcello Viola.

E’ stato convalidato ieri, con la custodia cautelare in carcere, dal gip Luca Milani.

L’indagine, condotta dalla Digos di Milano-Sezione Antiterrorismo Internazionale e dalla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione-Servizio per il Contrasto dell’Estremismo del Terrorismo Esterno, era scattata ad ottobre a seguito del “costante monitoraggio degli ambienti jihadisti radicali online”. Un monitoraggio che, come spiegano gli investigatori del pool antiterrorismo coordinato dall’aggiunto Eugenio Fusco, “ha consentito di individuare un profilo social aperto di video sharing, nel quale venivano pubblicati, con crescente intensità, video di propaganda dal contenuto radicale in cui era ritratta una donna con indosso il niqab, successivamente identificata nella giovane kenyota”.

E’ emerso, poi, che la ragazza, che era stata anche “ospite” di “una Comunità di accoglienza e proveniente da un difficile contesto familiare”, stava maturando un “rapido percorso di radicalizzazione ideologico-religioso sfociato, nell’ultimo periodo, nell’intenzione di raggiungere la Turchia per poi stanziarsi in zone occupate da formazioni jihadiste”. Avrebbe avuto “contatti” con “utenze telefoniche” in Medio Oriente, “riconducibili a soggetti che ne avrebbero favorito l’arrivo”. Aveva già, stando alle indagini, “ripetutamente tentato di contattare le rappresentanze diplomatiche turche in Italia” e il suo piano nei giorni scorsi “ha avuto un’ulteriore accelerazione”, quando, dopo aver “consultato più volte siti di voli per la Turchia, si è recata ripetutamente presso l’aeroporto di Malpensa” per ottenere “un biglietto di sola andata per Istanbul”.

Ci è riuscita, poi, “nel tardo pomeriggio del 29 novembre quando ha acquistato un volo in partenza da Orio al Serio” per il giorno dopo. Per questo è scattato il provvedimento di fermo e la ragazza è stata bloccata poco dopo aver “effettuato il check in” e quando stava imbarcando i bagagli. I primi riscontri sul telefono della ragazza, che si faceva chiamare “muhajirat”, ossia “la migrante”, hanno documentato che “oltre ad aver maturato interesse per l’utilizzo di armi da fuoco, era effettivamente in contatto con un uomo in Turchia che la attendeva all’arrivo”.
Sui social metteva “le emoticon dell’iconica bandiera nera” dell’Isis e scriveva “jihad (…) sta più a significare ‘lotta contro i nemici’ (…) non vuoi meritare il livello più alto in Paradiso?”. E a chi le diceva che la guerra santa “è solo per gli uomini” lei citava “l’esempio di ‘Aisha’, seconda sposa di Maometto”, faceva riferimenti al “suicidio a scopo terroristico” e diceva di essere una “supporter dell’Isis”.

E’ il profilo di Hafsa Bakari Mohamed, la 19enne kenyota fermata cinque giorni fa mentre si stava per imbarcare su un volo per andare a combattere in Siria, passando per la Turchia, per come emerge dall’ordinanza del gip di Milano Luca Milani. Sui social mostrava, si legge, una pistola giocattolo, che poi le è stata sequestrata, e in una storia su Instagram si sarebbe fatta riprendere mentre sparava “con un fucile ad aria compressa”.

E dalle analisi sono venuti fuori i suoi contatti “con un utente” in Turchia, tale Yusif. Già il 28 novembre era andata a Malpensa per chiedere informazioni per comprare un biglietto per la Turchia, sempre “vestita col niqab”, che lascia scoperti solo gli occhi, con uno “zainetto” nascosto “sotto la giacca”. Alla madre che le chiedeva al telefono dove fosse andata aveva risposto: “mi dicevi che non sono tua figlia perché metto il velo?”. Il 29, poi, era riuscita a prendere un biglietto “di sola andata” con partenza il giorno dopo e destinazione finale “Ankara”, con uno scalo ad Istanbul.

Interrogata dal gip ieri, la ragazza ha raccontato che voleva andare in Turchia per sposarsi con un 23enne che aveva conosciuto sui social. Ha ammesso “di avere idee conservatrici circa la religione islamica”, dicendo di essere rimasta “scossa nel vedere le immagini di uomini e donne di fede musulmana torturati e bruciati”, dove ci sono “guerre e persecuzioni”. Ha detto ancora che in Italia non le è “possibile lavorare indossando il niqab” e che anche per questo voleva “fuggire”. In più, ha sostenuto, riassume il gip, di condividere le idee dell’Isis su una “reazione armata”, ma che non voleva andare in Siria per combattere, ma per “ammirare uomini e donne che lottano per salvaguardare il proprio credo in nome dell’Islam”.

La “scelta” della 19enne kenyota, fermata cinque giorni fa all’aeroporto di Orio al Serio, “di partire per i teatri di guerra” non è stata “casuale e sconsiderata, ma il frutto di accordi con referenti dello Stato islamico o altre associazioni terroristiche che operano in quell’area”, che “l’avrebbero inserita e arruolata” per farla partecipare alla “guerra”.

Lo scrive il gip di Milano Luca Milani nell’ordinanza di custodia in carcere, che ha accolto la richiesta della pm Francesca Crupi. Nell’ordinanza il giudice parla del “proselitismo e della mitizzazione dell’integralismo religioso” portata avanti dalla ragazza, che viveva a Carugate, nel Milanese, soprattutto su “Instagram e TikTok”, inneggiando sempre più agli “atti di violenza contro il mondo occidentale”.

Nonché della sua “ricerca spasmodica” di contatti in Medio Oriente, anche perché “i fatti di cronaca dell’ultima settimana hanno evidenziato come la Siria rappresenti oggi uno degli scenari in cui gruppi terroristici inneggianti alla Jihad risultano coinvolti in una guerra civile volta a destabilizzare il Governo locale”. La stessa ragazza, prosegue il giudice, faceva spesso riferimento “alla Muhajir”, ossia “al sacrificio per la causa islamista”. Sarebbe stata, secondo il gip, “completamente a disposizione della cosiddetta jihad”. E ha mostrato anche una “ostinazione evidente” nell’interrogatorio.

Exit mobile version