Reperti mai messi in luce prima d’ora che raccontano una storia millenaria. Reperti avvolti in altri reperti, tra pagine dei quotidiani pubblicati tra ottocento e novecento, per raccontare una storia nella storia. È stata inaugurata al Centro Giovanni Lilliu di Barumini l’ultima mostra intitolata “Sardegna Nuragica – scavi e scoperte tra Ottocento e Novecento”, allestita dalla Fondazione Barumini Sistema Cultura con la proficua collaborazione della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna. Da oggi e sino al prossimo 3 novembre questa mostra permetterà ai visitatori di tornare indietro nel tempo per scoprire una Sardegna antica da rivivere attraverso gli oggetti delle civiltà dei nostri antenati, riscoperti e rinvenuti da nord a sud dell’isola.
Una mostra che per la prima volta mette in luce oggetti inediti in un percorso espositivo che racconta, soprattutto, la storia di alcuni importanti ritrovamenti tra cui quelli di Santa Vittoria di Serri, di Teti, Ozieri o Chilivani, senza dimenticare gli importanti rinvenimenti di Nuragus. Nel percorso espositivo è possibile vedere immagini degli scavi o leggere antiche pagine di giornale, della Sardegna, d’Italia e di settore per ricordare storie contenute in vecchi articoli di stampa.
“Con questa mostra daremo la p
“Il percorso espositivo racconta la storia dell’archeologia in Sardegna, dai rinvenimenti della fine dell’Ottocento, che avevano iniziato ad attirare l’attenzione anche dell’archeologia fuori dall’isola, fino agli scavi che venivano fatti soprattutto da Antonio Taramelli, dopo la fine della Prima Guerra Mondiale – racconta Gianfranca Salis della Soprintendenza Apab – in questa mostra vogliamo raccontare anche la nascita dell’archeologia moderna oltre che il periodo dove affonda la passione per l’archeologia nuragica che poi, piano piano, si è diffusa in tutta la Sardegna. Un’occasione importante per continuare a far emergere reperti che vengono restaurati e conservati con cura e che in queste occasioni possono essere messi a disposizione dei visitatori”.
Andreina Ghiani, una delle curatrici della mostra sottolinea come “allestire queste mostre è sempre molto emozionante perché prendere in mano degli oggetti e dei reperti appartenuti a uomini di duemila o tremila anni fa è un’emozione fortissima – sottolinea – attraverso questi materiali si dà la possibilità al visitatore di calarsi in quella dimensione spazio-temporale della memoria e dell’intelligenza dell’uomo”.