Un giovane vecchio, un sognatore senza illusioni, un nostalgico che guarda al futuro.
È un mix di contraddizioni, Gazzelle. Da dietro ai suoi occhiali scuri, irrinunciabile scudo, osserva un mondo che a volte sembra sfuggirgli.
“Sono un ipersensibile e quando lo sei ti accorgi che non ci sono troppi motivi per essere ottimista. La felicità non so cosa sia, come si faccia ad essere felici – ammette il 34enne cantautore romano -. A me non manca niente, ho una ragazza, una famiglia, amici, una casa, ma felice felice.. boh. Ho affrontato i miei demoni, altri ce ne saranno. Potrei dire che siamo felici con il senno di poi, a posteriori, ripensando a quello che c’è stato. Come quando ero uno scappato di casa, vivevo in sette metri quadri con il mio coinquilino e scrivevo il mio primo disco. La felicità è una mezza illusione per spendere soldi con l’idea che si possa comprare”. Con il suo indie pop che racconta amori e solitudine, fragilità e paure, approda per la prima volta al festival di Sanremo, portando il brano Tutto qui, con un disincanto ed una determinazione da far impallidire chi su quel palco ha passato una carriera intera. “Io volevo proprio andarci a Sanremo. Per fare un’esperienza di vita, più che artistica. Stava diventando tutto un po’ ripetitivo: fase creativa e fase performativa, disco e tour. Tutto prevedibile. Il festival è una possibilità”.
E poi il passo indietro: “Di mio non ci andrei: troppo stressante, troppo impegnativo, fuori dalla mia comfort zone. Ma per i motivi per cui non lo farei, lo faccio. Cerco i miei cinque minuti di batticuore. Ma so che una volta sceso dal palco saranno già passati”. L’obiettivo è confermare i tanti traguardi già raggiunti in sette anni di carriera, con uno stadio Olimpico all’attivo la scorsa estate (“lo sognavo da sempre e ho capito che gli stadi sono quello che voglio fare”), e andare “a caccia di gente nuova, che voglia ascoltarmi e che magari verrà ai miei prossimi concerti”. Eppure, nessun disco post-Sanremo, perché, sottolinea con forza, “io mica vendo pentole”. Ci sarà tempo, dice, “di musica ce n’è tanta nel cassetto”. Intanto a chi non lo conosce ancora, nonostante i 24 dischi d’oro, i 22 dischi di platino e il miliardo e più di stream che contano le sue canzoni, si presenta con Tutto qui, “una canzone che mi rispecchia, scritta come faccio sempre sul momento, non a tavolino. Anche se, probabilmente, un brano scritto a tavolino sarebbe migliore della media delle canzoni che sento in giro”.
Prego? “Non mi piace quello che c’è, in questa epoca i contenuti sono scarichi, è tutto prevedibile. Siamo a un buon punto di produzione, ma c’è poca poesia e verità”. In Tutto qui la nostalgia è un compagno di viaggio ineluttabile. “Per altri luoghi, altri tempi, vite non vissute, in particolare riferiti alla persona che ti sta vicino e di cui vorresti sapere tutto. In realtà non tornerei nel passato, mi incuriosisce di più il futuro. Oppure al 1994, a vivermi gli Oasis, i Nirvana, con la musica e la moda di quei tempi, e senza social”. Su come andrà al festival ha le idee chiare: “Voglio arrivare terzo. Sì, terzo. Come Rino Gaetano e già sarebbe sufficiente. Vincere no, troppo impegnativo con tutto quello che viene dopo, Eurovision compreso. Se arrivi secondo ci rimani male. Terzo, invece, sei contento, Certo, siamo in 30 proprio la volta che decido di andare io…”.
Sarà in duetto con Fulminacci: “Siamo amici e mi dà serenità l’idea di andare con un amico, con una persona che conosco. In più c’era questa voglia di portare qualcuno che facesse parte un po’ del mio mondo artistico. Ho scelto Notte prima degli esami anche confrontandomi con lui: questa canzone è così trasversale. È un inno, alla fine che conoscono tutti. Non assomiglia a nient’altro, un po’ come me e Fulminacci, secondo me. Alla fine è un omaggio a Venditti ed è un artista che sta perfettamente tra i riferimenti che abbiamo io e Filippo”. Dall’8 marzo Gazzelle tornerà live nei palasport, con una doppia data al Forum di Assago il 12 e 13 marzo, e un tris a Roma il 3, 4 e 11 aprile. “Sul palco c’è Gazzelle, imbattibile e forte, giù dal palco c’è Flavio (il suo vero nome, ndr), il coglione di sempre. All’inizio non mi piaceva scendere da lì, ma il mondo vero è un altro. Bello dire che hai 600mila follower, ma pensa se per strada ti seguissero davvero 600mila persone…”.