La sanità in Sardegna arranca.
Lo certifica la Fondazione Gimbe nel Report “L’autonomia differenziata in sanità” per esaminare le criticità del testo del Ddl Calderoli e analizzare il potenziale impatto sul sistema sanitario delle maggiori autonomie richieste dalle Regioni in materia di tutela della salute.
Nel dettaglio dall’analisi degli adempimenti dei livelli essenziali di assistenza, le prestazioni sanitarie che la Regione deve garantire ai cittadini gratuitamente o attraverso il pagamento di un ticket, emerge che nel decennio 2010-2019 la percentuale cumulativa totale è del 56,3% (media Italia 75,7%) “ovvero il 43,7% delle risorse assegnate nel periodo 2010-2019 non ha prodotto servizi per i cittadini”, spiega Gimbe.
Inoltre, nel 2020 il punteggio totale degli adempimenti dell’Isola ai Lea è di 179 (punteggio max 300): la Sardegna è così in 15/a posizione tra le regioni e province autonome ed è risultata inadempiente secondo il Nuovo Sistema di Garanzia (NSG) perché ha registrato un punteggio insufficiente nell’area distrettuale (48,95 su 60) e nell’area ospedaliera (59,26 su 60).
Nel 2021 ha fatto anche peggio con un punteggio di 169,7 posizionandosi al 19/o posto.
In più, oltre la carenza di medici, mancano anche gli infermieri: in Sardegna ce ne sono 4,82 ogni mille abitanti, sotto la media nazionale pari a 5,06.
Per raggiungere gli obiettivi della Missione Salute del Pnrr e in particolare il target 2026 di assistere almeno il 10% della popolazione over 65 in Assistenza domiciliare integrata la Regione dovrebbe aumentare i pazienti assistiti del 233%. Non solo, dall’analisi della mobilità sanitaria nel periodo 2010-2021 emerge che l’Isola ha accumulato complessivamente un saldo negativo pari a -864.970.904 euro. Ossia, molti sardi hanno deciso di curarsi fuori dalla regione, che oggi sembra meno la terra dei centenari: “nel 2022 l’aspettativa di vita alla nascita è pari a 82 anni mentre la media italiane è di 82,6 anni”, fa sapere la Fondazione Gimbe che mostra la Sardegna quintultima nel Paese.