Gioele Dix, ‘adoro Buzzati, ha nutrito il mio immaginario’

E’ come un viaggio tra le righe di racconti, di storie, “La corsa dietro il vento – Dino Buzzati o l’incanto del mondo”.

Lo spettacolo con Gioele Dix, al secolo David Ottolenghi, suoi anche regia e drammaturgia, è in cartellone il 16 gennaio alle 21 al Teatro Comunale di Sassari e dal 17 al 21 al Massimo di Cagliari per La Grande Prosa del Cedac.

“Nasce da una mia passione per Dino Buzzati: la lettura dei suoi romanzi e racconti mi ha costruito come attore, ha nutrito il mio immaginario e risvegliato la mia vocazione a raccontare storie, mi ha insegnato a cercare i significati nascosti nelle pieghe del racconto”, rivela all’ANSA Gioele Dix.

L’attore milanese è protagonista insieme a Valentina Cardinali dello spettacolo ispirato ai racconti dello scrittore e drammaturgo: vicende singolari, talvolta enigmatiche e atmosfere sospese.

“Buzzati racconta la parte oscura di ognuno di noi e le sue storie conservano tutta la loro attualità”, spiega Dix, all’attivo un’intensa carriera teatrale, a partire dagli anni ’70 con il Teatro degli Eguali, poi accanto ad artisti del calibro di Franco Parenti e Sergio Fantoni, diretto da registi come Gabriele Salvatores, Antonio Salines e Andrée Ruth Shammah.

Apprezzato dal grande pubblico per il suo talento di affabulatore e la sua vis comica – dai primi successi al Derby Club e allo Zelig di Milano, alla ribalta televisiva con Cocco, le apparizioni a Mai dire Gol e infine Zelig – al cinema spazia tra commedie e film d’autore, oltre a documentari e serie tv.

“Dino Buzzati è uno scrittore che si è sporcato le mani con la realtà, ha fatto il giornalista, il cronista di guerra, oltre alle rubriche e alle lettere sul Corriere dei Piccoli, maneggiava la cronaca nera e la trasformava in storie: anche la Storia è fatta di frammenti, di storie di uomini e donne”, sottolinea l’attore-regista.

Ne “La corsa dietro il vento”, attingendo ai “Sessanta racconti”, “Il colombre” e “In quel preciso momento”, l’artista immagina “un laboratorio di parole” dove mettere in scena personaggi e vicende: “è uno spettacolo – racconta il protagonista – che si nutre di vita, ma dove ci rendiamo conto che siamo appesi a un filo. E’ un gioco piacevole, che inizia da ‘Una pallottola di carta’ e termina con un frammento autobiografico, quasi un congedo. E così il cerchio si chiude ma resta la voglia di ascoltare, e di raccontare storie”.

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