“Giornalisti sotto accusa per aver rivelato fatti. Le fonti sono protette dall’Europa”

Il pool delle inchieste di Domani – Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine- è sotto accusa alla Procura di Perugia. L’indagine riguarda documenti provenienti dal  finanziere Pasquale Striano, ex capo del gruppo “Sos” della Procura nazionale antimafia, che collaborava con il magistrato della stessa Procura Antonio Laudati. Negli anni 2021 e 2022 ci sarebbero stati circa 10mila accessi ad atti riservati, riguardanti 160 persone. Il risultato di alcuni di quegli accessi sarebbe stato alla base di inchieste dei tre giornalisti. I reati contestati a Striano, a Laudati e ai giornalisti sono accesso abusivo a sistemi informatici, falso e abuso d’ufficio.

La difesa degli indagati si fonda sull’argomento che tali attività rientrassero nei compiti del gruppo Sos, dedicato all’analisi di migliaia di “segnalazioni di operazioni sospette” ricevute dall’antiriciclaggio di Banca d’Italia. Tali segnalazioni arrivano alla Procura antimafia affinché vengano sottoposte a controlli.

Si è parlato di attività di “dossieraggio”, ma la Procura di Perugia ha affermato che non esistono prove di dossier realizzati per danneggiare o ricattare personalità politiche o istituzionali. Il quadro coinvolge altri 16 indagati, con percorsi distinti da quelli dei giornalisti di Domani.

L’origine dell’indagine risale alla denuncia di Guido Crosetto. Domani aveva scritto sulle consulenze milionarie ricevute dal ministro della Difesa dall’industria degli armamenti, mettendo in luce un conflitto d’interessi. Crosetto ha chiesto che fossero chiarite le fonti delle notizie e da qui si è arrivati all’attività di Striano.

Ci sono ancora molti punti da chiarire. Striano e Laudati accedevano alle banche dati di loro iniziativa o su mandato di altri? In cambio di cosa? Quali strategie ci sono dietro le informazioni riservate fatte circolare su personaggi diversi come i ministri Crosetto, Urso, Calderone, Lollobrigida, la deputata Marta Fascina, già compagna di Berlusconi, Andrea Agnelli, ex presidente della Juve, l’allenatore della Juve Allegri, il cantante Fedez, il calciatore Cristiano Ronaldo?

Alcuni settori del giornalismo investigativo hanno interpretato l’inchiesta come un attacco diretto alla professione. Assieme a Domani anche trasmissioni televisive come Report (Rai 3) hanno subito negli anni denunce e diffide da parte delle autorità. 

“Stiamo assistendo a un evento senza precedenti -denuncia Vittorio Di Trapani, presidente della Federazione Nazionale della Stampa- Un’indagine su tre giornalisti rischia di trasformarsi in un’indagine sul giornalismo d’inchiesta. Ancora una volta, si punta il dito su chi denuncia invece che sui fatti che vengono portati alla luce. Un rovesciamento di prospettiva utile solo al potere politico. Anche coloro che conducono l’inchiesta sanno che tutto ciò si risolverà in nulla: la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha già affermato più volte che le fonti dei giornalisti sono intoccabili, e che l’unico limite al loro lavoro è l’interesse pubblico alla conoscenza”.

Lo scrittore Roberto Saviano ha espresso solidarietà alla redazione di Domani. “Dossieraggio è adoperare notizie vere o false a fini ricattatori”, ha scritto il giornalista Gad Lerner. I giornalisti di Domani “invece hanno verificato e pubblicato solo scomode verità. E allora si chiama libertà di stampa, diritto costituzionale esercitabile anche se disturba il potere”.

La Rete NoBavaglio-Liberi di essere informati afferma che si tratta di “un precedente pericoloso, che rischia di trasformare i giornalisti d’inchiesta in presunti violatori di segreti, invece che guardiani dell’informazione. Un monito per l’intera categoria dei giornalisti. È importante sottolineare che le informazioni divulgate erano vere e di interesse pubblico, e non documenti manipolati o fabbricati”.

Anche l’Esecutivo dell’Usigrai ha espresso solidarietà e vicinanza ai colleghi del quotidiano Domani: “Quello che gli viene contestato, non è di aver scritto falsità o di aver diffamato qualcuno, ma di aver realizzato inchieste giornalistiche con carte vere ottenute da fonti giudiziarie e per questo rischiano fino 5 anni di carcere. Un attacco alla libertà di stampa, un fatto sconcertante in un paese occidentale, ancora più inquietante se si pensa che l’inchiesta è partita dopo l’esposto del ministro della difesa Crosetto. L’Usigrai è al fianco della Fnsi per tutte le iniziative che vorrà intraprendere a tutela dei colleghi e del diritto costituzionale dei cittadini a essere informati che appare sempre più compromesso nel nostro Paese”.

La segretaria generale della Fnsi, Alessandra Costante, solleva un punto cruciale: “I giornalisti non commettono reati nel pubblicare notizie, anche se queste sono frutto di attività criminali altrui. Il loro compito primario è quello di cercare e verificare i fatti, pubblicando solo notizie autentiche. Costante difende il principio del segreto professionale come fondamentale per la protezione delle fonti giornalistiche. L’inchiesta non dovrebbe compromettere la libertà di stampa né minare la fiducia pubblica nelle istituzioni”.

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