Il ministero dell’Istruzione (Miur) dovrà riconoscere a tre insegnanti della provincia di Viterbo tutti gli stipendi arretrati, con relativi contributi previdenziali, che non sono stati corrisposti durante la campagna vaccinale. I tre docenti, infatti non si erano vaccinati e come tanti loro colleghi hanno pagato con l’ostracismo dalle aule la loro decisione di non farsi iniettare un farmaco sperimentale contro la loro volontà.
La sentenza pronunciata dal giudice del Tribunale di Viterbo Mauro Ianigro il 17 maggio scorso, è destinata a fare scuola. In questi giorni, infatti, sono scaduti i sei mesi entro cui il Miur avrebbe potuto fare ricorso per opporsi alla sentenza. Ne risulta che il dispositivo è passato in giudicato e pertanto non potrà essere appellato.
È una vittoria dello studio legale SanTaLex dell’avvocato Mauro Sandri, che porta a casa una sentenza molto tecnica, ma di importanza capitale e che dice sostanzialmente che quando uscì il decreto del governo Draghi 172/2021 che proibiva di lavorare ai docenti non vaccinati, la scuola era obbligata a trovare per loro un ricollocamento, il cosiddetto repêchage.
Cosicché, quando a partire dal 1° aprile 2022, con il decreto 24/2022 è stata modificata la legge e i docenti sono stati reintegrati, il valore di quel reintegro andava letto in maniera retroattiva; pertanto, quegli stipendi di cui sono stati privati gli insegnanti dovranno essere ora interamente corrisposti.
Una legge scritta male, quella del Governo di allora, che adesso comporterà un esborso non previsto per le casse dello Stato, ma più che giusto. È proprio il caso di dire che la gatta frettolosa ha partorito i gattini ciechi e il fatto che questa sentenza stabilisca il pagamento degli arretrati fa il paio con un’altra sentenza simile pronunciata a Treviso, nella quale però il giudice si è fermato appena prima: ha riconosciuto il valore retroattivo del pagamento degli stipendi, ma ha anche decretato che era venuto meno il motivo del contendere.
In ogni caso, con questa sentenza in mano, tantissimi docenti rimasti senza lavoro per molti mesi durante il 2021 e il 2022 potranno così affilare le loro armi e imbastire cause simili con il Miur, sperando che il giudice confermi questo impianto, che intanto però ha valore di sentenza.
L’avvocato Sandri ha così commentato sul suo canale Telegram: «Si tratta di una argomentazione in diritto che deriva dall’interpretazione letterale e sistematica della successione delle leggi che compulsivamente e con l’intento di scoraggiare dal fare ricorso, il folle legislatore ha varato negli anni passati. Il diavolo fa le pentole, e pensa di avere fatto bene anche i coperchi, ma noi glieli facciamo saltare. Tutti i dipendenti della Scuola sospesi hanno, pertanto, diritto di ottenere sia gli arretrati, sia gli emolumenti non percepiti, sia il trattamento pensionistico, integralmente».
Anche l’avvocato del pool di Sandri, Olav Gianmaria Taraldsen, che ha seguito il caso in tribunale è soddisfatto e alla Bussola spiega: «Il Miur avrebbe dovuto fare un ricollocamento obbligatorio per tutti questi docenti – ha spiegato -. È come se la norma retroattiva abbia fatto venire meno la sospensione, garantendo il diritto al ricollocamento».
La sentenza acquisisce maggior valore se si pensa che in essa il giudice non ha contestato affatto le finalità della campagna vaccinale, anzi, in alcuni punti del dispositivo appare persino convinto della bontà dei vaccini sia in efficacia che in sicurezza. Il punto, infatti, affrontato da questa nuova via è prettamente di tipo giuslavoristico e dimostra come il decreto di sospensione degli insegnati fosse stato scritto male dal punto di vista giuridico e quindi facilmente smontabile da un giudice, anzi, con quello di Treviso, da due.
Che succederà ora? «In Italia – prosegue Taraldsen – non vige il precedente vincolante, però sicuramente questa sentenza può diventare un orientamento a cui un altro giudice può guardare per decidere su casi simili».
Imprimendo così una svolta nelle tante cause ancora ferme di insegnanti privati di un diritto inalienabile, quello al lavoro.