Da quando sono tornato a Napoli, dopo l’esilio isolano, non ho messo piede nell’Accademia di Belle Arti, per tanti motivi, non ultimo il palpabile rancore determinato e insito nella mia figura in relazione a quello spazio fisico. Sognavo d’insegnare nella Accademia dove mi sono determinato caratterialmente (e creativamente) in maniera autonoma, come uomo prima che artista, ma un concorso di Scultura con un Maestro di cattedra che non era il mio, arrivò ad assegnarmi zero punti, negando anche il mio essere uscito da quel luogo con il massimo di voti con lode.
Il potere nelle Accademia, passa anche per la continuità della storia dei loro Maestri attraverso i loro allievi che hanno il merito d’ossequiare senza battere ciglio, condizione che parrebbe essere basilare per lo status creativo. Gli anni d’Accademia restano a ogni modo, gli anni più importanti della mia vita, quelli che nel bene e nel male mi hanno definito, con tanti irrisolti che tento d’armonizzare dopo il giro di boa del mezzo secolo.
A Capodimonte vado a vedere la mostra personale di Giuseppe Pirozzi, Maestro d’Accademia di Decorazione e dello storico Liceo Artistico dei Santi Apostoli, dove ha insegnato anche mio padre, il Maestro è presente, non lo saluto ma origlio i suoi discorsi agli astanti per poi lasciargli una dedica nell’albo dei visitatori (“una vita di studio e ricerca consegna il lavoro all’eternità”), lo sento dire: “io in Accademia ho solo portato da docente, e non come artista, me stesso, l’arte e la tecnica non s’insegnano”, quanta delicatezza e poesia che oggi mi pare estinta, nel nome di Maestri di Scultura che gestiscono Fondazioni, progetti e ore d’alternanza scuola lavoro che muovono l’Alta Formazione proprio contro la sua memoria (ancora vivente e vitale, è anche la mia).
Giuseppe Pirozzi non ha la forza di Augusto Perez, ma l’ha affrontato e con la forza del linguaggio simbolico dell’arte e la sua tecnica, con lui ha idealmente discusso dialetticamente e didatticamente nell’interesse della storia e della memoria di tutta la comunità artistica Napoletana, la sua dedizione, la sua vocazione, la sua relazionalità quotidiana con l’arte lo rende indiscutibile nella memoria topografica e toponomastica della storia della Scultura Napoletana a tra due millenni, al punto che gironzolando tra i suoi lavori di una vita, mi viene naturale pensare a quanto certi Maestri di Scultura nella medesima Accademia, non si siano smossi di una virgola dalla sua ricerca, quasi come fosse ancora lui in cattedra (anche se la sua non era la cattedra di Scultura) facendone le veci, la questione è: “con la stessa delicatezza e umanità?”.
Mi rassicurerebbe molto pensare, a quei Maestri di Scultura della mia generazione (si, forse penso a qualcuno in particolare, questione Karmica da modulare e gestire nel tempo), con la stessa sensibilità di Giuseppe Pirozzi, sarebbe bello se dicessero ai loro studenti, come lui ancora sostiene: “l’arte non si può insegnare, io posso solo portare in classe me stesso!”, eppure palesemente tecnicamente paiono nascere e morire con lui, non ci fosse stato Pirozzi non ci sarebbero state neanche le loro idee di Sculture, al punto che se fossi bastardo come un tempo, vi proporrei anche un confronto fotografico, nel nome del trova le differenze tecniche.
Sul serio la Scultura la dobbiamo pensare come qualcosa non figlia del tempo e della cultura in cui vive anche in termini di tecnica? La ricerca sarebbe solo nel contenuto culturale direttamente connesso a sociologia e politica mediatica di massa in salsa amministrativa nazional popolare? Per Giuseppe Pirozzi non è così, evidentemente chi tecnicamente l’ha imitato, non l’ha studiato e forse un metodo di studio e ricerca non l’ha mai avuto, diciamolo, la via dell’imitazione è meno faticosa e sicura di quella della ricerca e della sperimentazione, in fondo quanto è Accademicamente comodo emulare la storia, la memoria e gli anziani, invece che criticare, distruggere e poi preservare quello che è stata in termini dialettici? Giuseppe Pirozzi è la storia della scultura Napoletana, come mai la sua traiettoria si è arenata terminando in un Accademico brulicare di Scultori della mia generazione “Pirozzeschi”? Cosa è venuto a mancare dialetticamente? Perché l’Alta Formazione Artistica parrebbe avere negato il “dissing” tra contenuti di lavoro e ricerca tra artisti? Perché si è lasciata la dialettica dell’arte, finalizzata alla cognizione di causa di giovani possibili talenti creativi, a questioni come Tony Effe e Fedez?
In tutto questo che sto scrivendo da Napoli per Cagliari, a Cagliari l’alta formazione artistica non è mai nata, e il post Truzzu non pare interessato ad affrontare una problematica la cui risoluzione era stata pianificata e programmata.
di Mimmo Di Caterino