“Le preoccupazioni che avevamo esternato si sono puntualmente concretizzate: nella riunione di oggi la Portovesme srl ha comunicato che il progetto pilota Li Demo non si farà a Portovesme ma in un altro insediamento industriale fuori dall’Italia”.
Così, in una nota, le segreterie territoriali di Filctem-CGIL, Femca-CISL e Uiltec-UIL guidate rispettivamente das Emanuele Madeddu, Vincenzo Lai e Pierluigi Loi.
“La corretta decisione di sottoporre il progetto alla procedura di valutazione di impatto ambientale si è scontrata, motivo delle nostre preoccupazioni, con l’assenza di certezza dei tempi – sostengono i sindacati – condizione inaccettabile per chiunque voglia fare impresa.
Il progetto non verrà trasferito certamente in Stati dove non esistono norme a tutela dell’ambiente, ma in uno Stato con le norme giuridiche simili all’Italia.
La decisione comporta la perdita di 27mila ore lavoro per l’installazione da parte delle imprese d’appalto e l’utilizzo di 20/30 lavoratori diretti. Il paradosso sarà che l’impianto verrà realizzato con know-how progettato dai tecnici della Portovesme srl e forse realizzato dagli stessi tecnici”.
“Siamo di fronte ad una situazione inaccettabile, da un lato si spinge e lavora per avviare il processo di decarbonizzazione e dall’altro si rallentano tutti i piani che si inseriscono nell’ambito della transizione energetica; a oggi non esiste neppure una normativa che regolamenti l’utilizzo delle materie critiche. Riteniamo che il legislatore debba intervenire su questa materia per dare gli strumenti normativi al decisore tecnico”.
“L’unica nota positiva emersa nella riunione odierna – concludono le sigle sindacali – è che Glencore ha confermato la volontà di proseguire lo sviluppo del progetto definitivo sul litio a Portovesme, ma attenzione se rimane l’attuale atteggiamento di Regione e Governo fatto di sola diffidenza senza indicare percorsi in linea con il percorso Europeo recepito recentemente con la votazione delle Commissione Industria del Senato il destino appare segnato. Intanto Francia e Germania intervengono sul prezzo dell’energia con azioni a favore delle aziende energivore rendendo l’Italia sempre meno competitiva, la Sardegna propone soluzioni giuridiche inattuabili come la golden power. Una politica industriale fallimentare”.