Bologna, le serate all’osteria “dove ogni volta spuntavano 60 chitarre” e si suonava tutta la notte un repertorio vastissimo, che andava da Bella Ciao, alle canzoni popolari, da Bob Dylan agli inni nazionali.
È un lungo viaggio nella musica e nei ricordi quello che Francesco Guccini traccia nel suo nuovo disco ‘Canzoni da osteria’.
Affollatissima la platea del cinema Modernissimo a Bologna, con il prima fila il presidente della Regione Emilia-Romagna e il sindaco Matteo Lepore, e una lunga la coda di fan che pur avendo comprato il disco, non sono riusciti ad entrare.
“Non sono più abituato alla città”, scherza Guccini che quasi non vede l’ora di “rintanarsi a Pavana, tra i lupi”. Poi dedica un aneddoto ad ogni traccia contenuta nell’album. “Abbiamo scelto 14 canzoni, ne abbiamo tralasciate tante altre. Per ogni canzone che incidi dentro ne lasci fuori 3 o 4”, racconta Guccini che spiega come alcuni “brani impossibili” come “Mamì, Le nostre domande, Terra e Acqua” siano entrate a far parte dell’album ‘Canzoni da intorto’ di cui questo disco è “la naturale prosecuzione”.
Tanti di questi pezzi erano parte di “un repertorio tanto vasto quanto sconclusionato” che Guccini e altri musicisti bolognesi suonavano “all’osteria delle Dame o da Loretta, un altro locale di amici”. Tra questi anche gli inni, come quello dei giovani peronisti, che intona dal palco, e quello di Mameli che “bisognerebbe vietare ai calciatori di cantare – sorride – perché è tutta una gran stoneria”. Guccini poi si lascia andare ad un commento politico: “Se volessi fondare un partito neo fascista – dice sorridendo – lo chiamerei Fratelli d’Italia, è un nome perfetto”.
Poi di nuovo un tuffo nel passato. “Le osterie – ricorda – erano luoghi tristi e romantici”, popolati da studenti di tutte le nazionalità. “Alle Dame c’erano vari gruppetti: i fan dei Beatles, chi sosteneva la musica folk anglo americana, chi amava le canzoni popolari italiani. C’era anche un gruppo di pavullesi amanti delle canzoni popolari. Avevano un repertorio molto bello, ma non erano molto seri nelle prove”. In fondo a via Marconi, invece, c’era una cantina dove “c’erano diversi gruppi etnici, noi italiani, i greci, i latino americani”.