Era il marzo del 1974 quando Sisinnio Poddi, mentre arava alle pendici di Mont’e Prama, nella penisola del Sinis, in Sardegna, rinvenne una testa di pietra.
Non immaginava che sarebbe stato l’inizio di una delle più grandi avventure per la conoscenza della civiltà nuragica.
E di una storia in gran parte ancora da scrivere.
Cinquant’anni dopo, la necropoli di Mont’e Prama continua a sorprendere archeologi e appassionati.
Dalle migliaia di frammenti riportati alla luce, sono state ricostruite oltre 30 sculture dei Giganti di pietra, un esercito di arcieri, guerrieri e pugilatori, che costituisce il primo esempio di statuaria nel Mediterraneo, risalente all’Età del Ferro (fra il IX e il VII secolo a.C.). Un patrimonio unico esposto nel Museo civico Giovanni Marongiu di Cabras, dove si possono ammirare le sculture in ricostruzioni in 3D,, e al Museo Archeologico nazionale di Cagliari.
I colossi, al pari dei nuraghi, sono diventati simboli dell’identità dell’antica cultura nuragica e suoi ambasciatori nel mondo, come dimostra l’arrivo al Museo archeologico di Madrid del pugilatore ‘Manneddu’.
Le prime campagne di scavi a Mont’e Prama iniziate fra il 1975 e il 1979, sotto la guida degli archeologi Alessandro Bedini e, poi, di Carlo Tronchetti, portarono alla luce oltre 5000 frammenti, parti delle possenti sculture in pietra calcarea, modelli di nuraghi di varia tipologia e betili. Fra il 2007 e il 2011 è stato realizzato presso il Centro di restauro e conservazione Li Punti a Sassari il lavoro di ricomposizione e restauro delle enigmatiche figure dai volti triangolari e i caratteristici occhi a circoli concentrici. E la ricostruzione di un ampio settore della necropoli, che custodisce un tipo di inumazione unico in Sardegna: una strada funeraria con una lunga sequenza di tombe individuali a pozzetto, coperte da lastre di arenaria. Gli scheletri, in posizione contratta, sono quasi esclusivamente di maschi giovani e adulti. Per cui si pensa fosse un luogo di culto all’eroe, riservato alla sepoltura dell’élite guerriera, l’aristocrazia del popolo nuragico.
Nel 2014, la ripresa degli scavi a sud delle aree indagate da Bedini e Tronchetti, ha evidenziato il prosieguo dell’allineamento delle tombe. E ha portato al ritrovamento più eclatante: il recupero di parti di due statue di pugilatori, diverse dai primi, la cui iconografia è caratterizzate da uno scudo flessibile, che copre la pancia del pugilatore e poi si piega ad avvolgerne il braccio e la spalla.
Decisiva per lo sviluppo del sito è stata, nel 2021, la nascita della Fondazione Mont’e Prama, presieduta da Anthony Muroni, alla quale il ministero di Cultura ha affidato le sculture e l’ampliamento del Museo civico di Cabras, oltre all’area archeologica di Tharros, la Torre di San Giovanni e l’ipogeo di San Salvatore. Gli attuali programmi di indagine puntano ad ampliare la superficie di scavo per chiarire l’organizzazione della necropoli, dall’impianto alla formazione del complesso scultoreo, alla distruzione.
Il 2024, con il cinquantenario, ha segnato l’apertura di nuovi importanti cantieri nei siti di ‘Conca Illoni’ e ‘Cannedosu’, e per una prospezione subacquea dello stagno di Cabras. Con i lavori di musealizzazione a Mont’e Prama, per il parco archeologico naturale diffuso, è in programma l’apertura della nuova ala del Museo Civico nel triennio 2024/26, scrive Paola Del Vecchio per l’Ansa.