I bimbi italiani risultano essere i più maleducati a tavola. Specie se al ristorante. Non è un’osservazione ad occhio nudo, ma lo certifica uno studio dell’Istituto Italiano di Studi Transdisciplinari: “Mani intrise di sugo strisciate sui muri, lancio di pezzi di pane, tovagliolo inzuppato nella bibita o nel pappone mescolato nella coppa gelato, bagni allagati e rivestiti di carta igienica, mentre mamma e papà chiacchierano indisturbati”, riassume un articolo del Gambero Rosso.
Sono questi i principali capi d’accusa verso i bambini italiani. Chiosa il mensile dei consumatori curiosi e golosi: “Se un bambino si comporta male al ristorante, la colpa non è sua. I piccoli sono grandi imitatori e imparano soprattutto osservando noi grandi. Le buone maniere a tavola devono dunque partire da casa”.
E ancora: “Un bambino (così come un adulto) non deve disturbare gli altri ospiti, quindi ignorare un bambino che si alza da tavola per correre tra i tavoli e intralciare il lavoro dei camerieri è il comportamento da condannare nel genitore, non nel bambino”.
Ma la reprimenda genitoriale parte da una domanda delle domande: “Un bambino che corre, urla o che lascia il tavolo come un campo di battaglia è maleducato, o semplicemente educato male?”
Segue naturalmente un decalogo di un buon comportamento, secondo cui “al ristorante si va per mangiare e stare insieme”, non per urlare, non per cantare, non per correre, non per giocare. Quindi “forchetta e cucchiaio si usano per portare il cibo alla bocca”, e non il contrario. Le posate sono da impugnare e usare correttamente e “non per lanciare un tappo di sughero o un pezzetto di carta arrotolato e fissato con un elastico a un paio di bacchette cinesi”.
Una pietanza non piace? “Compito del genitore sarà di stabilire la regola che si assaggia tutto quello che viene portato a tavola. Se poi non piace, lo si dice senza fare scenate”. Quinto: non ci si dondola sul seggiolone o la sedia; i camerieri del ristorante si ringraziano; non si gioca con i cibi nel piatto; non si parla o si ride a bocca piena; no baby-sitter digitale, “quando si mangia insieme al ristorante, l’elettronica si tiene spenta”.
Ultimo e decimo comandamento, “gestire lacrime e strilli”. Meglio, “se un bambino piange al ristorante spesso è perché è stanco”. E alle undici di sera “il ristorante è davvero il luogo migliore per un bambino?” ci si domanda. Quindi, novantanove volte su cento, “se i bambini piangono a squarciagola al ristorante, non è colpa loro” e “obbligare un bambino a un pranzo interminabile è una crudeltà”.
Una volta si diceva: “Dopo Carosello, tutti a nanna”… Ora non più.