I Maneskin tornano a Roma e conquistano l’Olimpico

Come chiedevano di fare alla Marlena di uno dei loro brani più di successo, i Maneskin sono tornati a casa.

Nella loro Roma. Ad accoglierli erano più di 60mila.

Riuniti all’Olimpico, per il primo vero stadio della band romana, dopo la data zero a Trieste. L’anno scorso si erano giocati la carta secca del Circo Massimo, quest’anno la puntata sì è alzata: quattro date, due a Roma (si replica domani) e due al San Siro di Milano (il 24 e 25 luglio). Tutte sold-out. Jackpot sbancato.

“Stiamo facendo lo stadio Olimpico, porca troia. Io di solito sto là – saluta il pubblico Damiano, eccitato ed emozionato allo stesso tempo, indicando la curva Sud, culla dei tifosi romanisti più accaniti -. Per noi arrivare a fare un palco del genere è sempre stato un sogno. Per noi essere qui è un traguardo, ma ogni traguardo è anche un punto di partenza”. E poi, citando il “suo” capitano Francesco Totti nel giorno dell’addio al calcio, “permettetemi di avere paura. Per me arrivare qui è sempre stata un’ossessione, un chiodo fisso. Questa canzone mi ha fatto capire che questa cosa si poteva fare”, ha aggiunto prima di intonare Iron Sky di Paolo Nutini.

Neanche cento anni in quattro, i Maneskin (Damiano, Victoria, Ethan, Thomas), dopo aver concluso il Loud Kids Tour, la prima tournée nei palazzetti europei da tutto esaurito, hanno riportato il loro rock, l’energia e la loro genuina sfrontatezza in Italia. Uno show che punta tutto sulla musica, senza inutili distrazioni. Sul palco i protagonisti sono i quattro giovani artisti, che cominciarono la loro carriera suonando in strada a qualche chilometro dal tempio del calcio capitolino. L’unica eccezione che la rockband concede (e si concede) e un imponente impianto di luci che prende vita, si trasforma e adatta ai vari momenti dello spettacolo (oltre a qualche fiammata che ormai non può più mancare a nessun concerto degno di questo nome).

Due ore intense, con Damiano che non prende mai fiato, la scaletta che trascina. Pezzo dopo pezzo, si viaggia avanti e indietro in questi sette anni di carriera che hanno portato i Maneskin dai marciapiedi di Roma alle arene di tutto il mondo.

Ci sono le prime cover che hanno dato loro il successo come Beggin’ (e Damiano si toglie qualche sassolino dalla scarpa: “ci dicono che ha avuto successo, però è una cover, Sì, però l’abbiamo fatta, mi viene da dire”), c’è Zitti e Buoni con la quale vinsero il Festival di Sanremo e da lì partì l’avventura all’estero con il successo anche all’Eurovision Song Contest, ma ci sono anche i brani dall’ultimo album Rush!, da Gossip a Baby Said, passando per Don’t wanna sleep, Bla bla bla, Kool Kids e Gasoline, fino ad arrivare alle struggenti ballad Timezone e The Loneliest, introdotta da un lungo assolo di Thomas e sigaretta tra le dita per Damiano.

Immancabile la toccante Coraline, mentre per il set acustico, con Damiano e Thomas scesi tra il pubblico come a ricordare gli inizi, i Maneskin hanno scelto Torna a casa e Vent’anni. Prima dei bis, la band chiama sul palco un gruppo di fan per un metaforico abbraccio. Tutti a casa sulle note di I wanna be your slave.

Da settembre la band partirà con il Rush! World Tour, la tournée mondiale che li vedrà per la prima volta protagonisti nei palazzetti di Giappone, Canada e Stati Uniti. I Måneskin torneranno anche in Sud America e debutteranno inoltre in Australia.

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