“Nonostante in quest’ultimo triennio ci sia stato un aumento nei valori del Pecorino, adesso invece, ci appare evidente una decrescita che va ben oltre quella fisiologica stabilità del prezzo”.
Inoltre “gli industriali pare non vogliano adempiere ad un giusto conguaglio per l’annata 2023, che non deve essere al di sotto della media dei bilanci 2022 delle cooperative, scaricando nuovamente sulle spalle dei pastori le mancanze dei trasformatori”.
Sono di nuovo sul piede di guerra gli allevatori ovini della Sardegna che in una dura nota parlano di “assenza di collaborazione e progettualità tra cooperazione e industriali”.
Nella scorsa stagione casearia la cooperazione aveva chiuso i conguagli attorno ai 2 euro, gli industriali attorno all’1,50.
Quest’anno, secondo i pastori, gli acconti, soprattutto per la parte dei trasformatori organizzati, “saranno più bassi dello scorso anno” Nei prossimi giorni ci saranno le elezioni per il vertice del Consorzio di tutela del Pecorino Romano e i rappresentanti dei pastori, Gianuario Falchi, Mario Carai, Nenneddu Sanna e Fabio Pisu ritengono che il “prossimo direttivo si debba concentrare su regole produttive per favorire una produzione che dia stabilità e non le speculazioni per le quali a pagarne le spese sarebbe sempre prezzo del latte ai pastori, sia della cooperazione che degli industriali”.
“Visto che il Pecorino romano non è più solo commodity, ci chiediamo, che fine ha fatto la richiesta al ministero di approvazione delle modifiche del disciplinare, tra le quali l’inserimento delle sole razze autoctone dei territori interessati dalla Dop? – prosegue la nota – Questo sistema non è più accettabile, non viviamo all’interno di un rapporto fidelizzato, è arrivato il momento di scrivere regole certe che abbiano come iniziale punto di riferimento, i costi di produzione complessivi, aggiungere il giusto utile e le scadenza dei termini dei pagamenti, sia per il latte ovino che caprino. Forse non è ancora ben chiaro che, anche grazie a una Pac deficitaria soprattutto nei confronti dell’ovi-caprino (con l’esclusione dall’ecoschema 1livello 2) e i costi di produzione in continuo aumento, le prospettive future senza un giusto reddito, oggi ancor più del passato, porteranno i pastori a cercare alternative”, concludono i pastori.