Tre anni di carcere e la confisca di quasi 393 mila euro.
E’ la richiesta di condanna avanzata dal pm di Milano Paolo Filippini nei confronti di Giovanni Canio Mazzaro, l’ex compagno della ministra Daniela Santanchè, imputato davanti alla seconda sezione penale del Tribunale per sottrazione fraudolenta di beni e dichiarazione infedele dei redditi.
La vicenda al centro del processo riguarda la vendita dello yacht ‘Unica’ avvenuta il primo aprile 2019 e per la quale è stata archiviata la posizione della senatrice di FdI. Per la difesa, invece, mancano le prove e quindi è stata chiesta l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”.
Stando a quanto ricostruito nelle indagini, l’imprenditore nel 2013 avrebbe evaso le imposte facendo confluire, “in base ad accordi di reversibilità”, i suoi redditi come amministratore di Bioera spa e Ki Group spa su M Consulting, società interposta, in modo da indicare nella dichiarazione dei redditi una cifra inferiore a quella percepita.
Quindi, è il capo di imputazione, avrebbe accumulato un debito nei confronti dell’Erario di circa 1,5 milioni di euro in totale. Ma per “sottrarsi al pagamento delle imposte (…) e rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva del credito da parte del Fisco”, il primo aprile del 2019, avrebbe simulato l’alienazione di un’imbarcazione, chiamata ‘Unica’ e di cui era proprietario, a Biofood Italia srl, all’epoca rappresentata dall’ex moglie Santanché, per 393 mila euro. Una vendita, secondo l’accusa, che sarebbe avvenuta senza che venisse versato alcun corrispettivo a Mazzaro. Il 24 aprile successivo la stessa barca sarebbe stata ceduta da Biofood ad una società di diritto maltese, la Flying Fish Yachting ltd, l’effettivo compratore, alla medesima cifra di cui nel pomeriggio è stata chiesta la confisca dal pm Filippini. Il quale, durante la sua requisitoria, ha detto: “quando la barca sparisce, spariscono anche i soldi e, così, frustra definitivamente ogni pretesa del fisco”. E inoltre ha sottolineato che si è trattato di una “vendita finalizzata a far sparire l’unico bene aggredibile e il suo provento”.
Totalmente opposta la ricostruzione del difensore, l’avvocato Matteo Mangia che ha chiesto al giudice monocratico Emanuele Mancini, una sentenza assolutoria con la formula “perché il fatto non sussiste”. Il legale, in merito all’accusa di omessa dichiarazione dei redditi, ha affermato che “non c’è il reato presupposto” in quanto “se leggiamo le fatture” al centro dell’accordo di reversibilità tra l’ex compagno di Santanchè e la M Consulting, “non ce n’è una che porta a dire che si è trattato di spese personali di Mazzaro” ( il riferimento a tappeti, servizi da tavola e borse da donna) e al massimo “parliamo di 36 mila euro”, cifra sotto la soglie di punibilità. Riguardo allo yacht ha invece sostenuto che “la decisione di venderla risale e 3 anni prima dell’accertamento fiscale e non fu un’operazione simulata ma reale”. La sentenza è attesa per il prossimo 12 giugno, riporta l’agenzia di stampa Ansa.