Non amo gli artisti, che senza alcun titolo, proclamano verso i loro interlocutori il loro accreditamento nel nome di esposizioni e testi critici ampollosi. Il linguaggio simbolico dell’arte contemporanea, si può leggere e scrivere in due modalità, col pensieri concettuale (sostenuto da frasi e parole più o meno inutili), o attraverso un pensiero che sappia essere formalmente visivo e simbolico.
Ciò che tendo a fare, è quindi, sradicare la spaventosa usanza, in questo tempo, di radere al suolo cervelli creativi e trasversali, che semplicemente denunciano che un corvo non può essere un pavone e un secchio d’acqua non sarà mai mare, nel nome di questo, impatto sovente con artisti orgogliosi e suscettibili, che dinanzi la critica subita ostentando un’indignazione priva di limiti.
Cosa voglio arrivare a dire con questo? Che auspico con tutto il cuore e il cervello, che la Venere degli stracci di Pistoletto, non venga ricollocata a Piazza del Municipio, mi dissocio con fermezza da chi, anche con eventi di fundraising la vorrebbe ricollocata, errare è umano, ma perseverare è diabolico: l’opera di Pistoletto non era un originale, nulla è andato realmente distrutto, se non la mera materia, l’opera arsa alimenta il suo stesso significato nel nome del quale auspico resti la cenere.
A proposito, non è sempre vero che l’arte contemporanea e lo spazio circostante dove s’innesta, pregno di storia e memoria, entrino in contrasto, un esempio riuscito? Il centauro di Igor Mitoraj a Pompei, pare essere sempre stato li, forse è il caso d’aprire un fronte di ragionamento, sulla presunzione di certi Maestri italiani con tutto il loro background d’arroganza figlio dell’iconoclastia anti accademica, sospinta dal mercato, esplosi negli anni sessanta-settanta?
Che il problema sia d’analfabetismo culturale e artistico, generazionale, dei nostri padri e nonni? Di certo Mitoraj non entra in contrasto con il classico e l’Accademico, e la sua opera si relaziona armonicamente con uno spazio come l’agorà dell’antica Pompei, capite che non può essere tutto imposto nel nome del mercato che s’autolegittima? Capite perché Cagliari necessiterebbe d’Alta Formazione Artistica?
Di Mimmo Di Caterino