Il consumo di vino rallenterà entro il 2040, solo +0,35% l’anno

Nel mondo si consumano oltre 37 miliardi di bottiglie di vino l’anno, di queste più della metà sono stappate in otto Paesi: Stati Uniti, Francia, Italia, Germania, Cina, Regno Unito, Canada e Giappone.

Aree che negli ultimi vent’anni (1999-2019) hanno visto incrementare la domanda di vino del 27%.

Questa corsa però frenerà nel prossimo ventennio. Complice l’alzarsi dell’età media e la distanza dal vino da parte delle nuove generazioni, si prevede un incremento del tasso di consumo di appena il 7%, con una crescita media annua dello 0,35%. Sono le previsioni da qui al 2039, diffuse dall’assemblea generale di Unione italiana vini (Uiv) secondo cui l’Italia è ancora più esposta al rallentamento della domanda enoica. E per l’Osservatorio Uiv, l’export sarà sempre più la discriminante fondamentale del mercato, stante l’ulteriore decrescita prevista dei consumi interni (-1,2 milioni di ettolitri).

Dall’estero l’incremento sarà comunque timido (+1,8 milioni di ettolitri, a quasi 23 milioni di ettolitri nel 2039) ma sarà in grado di compensare l’ammanco generato dal mercato interno, con un saldo positivo di poco più di mezzo milione di ettolitri. “Il mondo che consuma vino – spiega il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi – non costruirà più la sua crescita sul volume, ma sul valore del gusto, dell’esperienza e della sostenibilità”. Di fronte a una domanda che cambia, aggiunge, “la filiera del vino dovrà incrementare la tendenza premium delle proprie proposte”.

Lo studio analizza le tendenze basate sul progressivo invecchiamento dei consumatori: nel decennio 1990/99 i consumi over 65 e i giovani under 25 erano in perfetta parità, attorno al 18%, ma la vera involuzione è attesa nel decennio che chiuderà nel 2039, quando il primo cluster di fascia più anziana – che sarà sempre più “core-consumer” – inciderà per il 30% dei volumi, con il secondo che scenderà al 13%. L’effetto del cambiamento demografico acutizzerà una tendenza che si è già materializzata negli anni, con i Paesi tradizionali produttori (Italia, Francia, ma anche Germania e Spagna) entrati in una dinamica negativa e di normalizzazione: basti pensare che in Italia e Francia negli anni Sessanta si consumavano oltre 50 milioni di ettolitri, oltre i 140 litri annui a testa. Un uguale trend di assestamento si è avuto, sempre tra il 1999 e il 2019, in Germania e Giappone, mentre fortemente espansivi si sono rivelati Canada, Uk, Usa e Cina.

Le previsioni al 2039 prevedono ora variazioni positive per Stati Uniti (+9,3 milioni di ettolitri), Cina (+4,1 milioni) e Canada (+1,1 milioni), mentre Giappone e Paesi del Vecchio Continente segneranno cali contenuti fino al -2%.

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