Il contest che rivisita l’abito tradizionale delle donne sarde

La carta è all’inizio di ogni progetto, una sorta di campo di battaglia in cui le idee, anche quelle più azzardate, si incontrano e scontrano e qui possono trovare forma concreta.

Dalla carta bianca, come una tela pronta per essere decorata, è partita Ilaria Gorgoni per la sua ‘chiamata alle arti’ con il Dìuma Open Call, un contest tutto virtuale in cui gli artisti sono stati invitati a reinterpretare uno dei classici della cultura della Sardegna, l’abito femminile tradizionale.

La tipica gonna a pieghe a cui si sovrappone il grembiule, la camicia candida e il corpetto stretto nella vita, il velo che adorna la testa e le scarpine: tutto è stato reso con la carta, ma in forma virtuale partendo da una fotografia in posa in cui la modella Samara indossa l’abito e i gioielli sardi. E come una pagina bianca, il vestito della modella è stato utilizzato dagli artisti che si sono messi in gioco, come base su cui riflettere e lasciare il proprio segno. L’iniziativa culturale immaginata da Ilaria Gorgoni, fotografa e tatuatrice di Iglesias ma con base a Cagliari, ha come partner l’azienda produttrice di gioielli Dìuma, dell’orafo Vincenzo Dipierro, suo compagno di vita.

Insieme hanno promosso “Conforme alla forma”, un concorso di idee che andrà a comporre una mostra itinerante a Cagliari durante l’evento Bixinau e ad Iglesias. La chiamata si è chiusa lo scorso 5 dicembre e oltre venti sono stati gli artisti che hanno risposto alla provocazione di Ilaria e Vincenzo. Di queste venti opere, giunte principalmente da persone del circuito delle mostre, da illustratori, tatuatori e grafici che lavorano in questo settore, ne sono state selezionate quindici che verranno stampate fisicamente in formato 40×60 oltre che promosse digitalmente.

“Anche quando lavoro con Dìuma cerco sempre di rivisitare la tradizione sarda – racconta all’ANSA Ilaria Gorgoni -, e in questo caso l’ho voluto fare con il costume. La carta è la mia materia, ho cercato di stilizzare le forme dell’abito e ho pensato che potesse funzionare bene anche a livello fotografico. Studio fotografia e cercavo qualcosa adatta per la ritrattistica. Il bianco poi è perfetto come stacco”.

Quarant’anni, studi al liceo artistico di Cagliari e una laurea conseguita all’Accademia di Brera a Milano, un passato di oltre dieci anni nel settore della grafica pubblicitaria e ora un presente da rinomata tatuatrice e fotografa, Gorgoni ha voluto lanciare una provocazione. “Ho avuto l’idea – spiega – di giocare brandizzando il costume, utilizzando marchi dello streetwear e brand di lusso molto conosciuti e blasonati. Questo perché ho giocato sul fatto che Dìuma crea prodotti di nicchia, lavora su pochi pezzi artigianali e l’ho messo a confronto con questi marchi noti”.

C’è stato chi ha attinto dalle fonti mitologiche della Sardegna, chi si è fatto ispirare dai ricami della tradizione, chi ha dato spazio al proprio stile personale da tatuatore, chi ha scelto il bianco e nero, linee essenziali e sinuose, chi si è spinto fino all’Oriente e alle sue illustrazioni: i lavori pervenuti raccontano visioni diverse della tradizione, che mantiene le proprie radici, e quindi la forma del costume sardo, ma si evolve come si evolvono i tempi e le persone. D’altronde “siamo tutti uniti dalla stessa tradizione ma con dei toni diversi”, precisa Vincenzo Dipierro, salentino con origini lucane, approdato ad Alghero.

“Destrutturare la tradizione, è quello che facciamo quotidianamente come artisti. Componiamo e scomponiamo. E ‘Conforme alla forma’ – chiarisce – è tutto quello che noi facciamo, colorando la nostra vita che ci è stata data come una tela bianca”. “Io – confessa – non ho un percorso accademico come Ilaria, ho fatto anche un sacco di mestieri prima, tra cui il militare, il commerciante di tavole da surf e skate, poi ero nel marketing e a trent’anni ho iniziato a fare il gioielliere. Vivevo in Sardegna da 25 anni, ma di fatto ero un apolide e avevo la necessità di ritrovare le mie origini, le radici, che ho trovato mescolandole”. Il gioco insolente di questa monocromia cartacea proposta da Ilaria e Vincenzo ha restituito un’immagine sorprendentemente inedita e allo stesso tempo in grado di enfatizzare l’impossibilità del colore di trascendere alla sua forma originaria: il costume tradizionale sardo.

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