Dopo l’apertura di alcuni spiragli di distensione negli scorsi mesi, la situazione in Kosovo è tornata a infiammarsi. Nella giornata di ieri, le truppe serbe al confine sono state messe in allerta in conseguenza degli scontri avvenuti in Kosovo tra la polizia e dimostranti di etnia serba del nord, che in quella parte di Paese sono maggioranza.
Questi ultimi hanno infatti tentato di impedire ai sindaci di etnia albanese eletti nella tornata di aprile – elezioni non riconosciute dalla comunità serba presente nel territorio kosovaro – di accedere agli edifici comunali per insediarsi. Le operazioni che hanno provocato la rivolta sono state forzate dal governo del primo ministro Albin Kurti con l’aiuto della polizia, che ha sparato gas lacrimogeni sulla folla. Nei tafferugli sono rimasti feriti una dozzina di manifestanti e cinque agenti. Molte automobili sono andate in fiamme.
Preso atto degli scontri, il presidente serbo Aleksandar Vučić ha dichiarato di aver messo l’esercito in «stato di massima allerta» e di avere ordinato un movimento «urgente» dei soldati vicino al confine. Ha inoltre espressamente richiesto che le truppe guidate dalla NATO di stanza in Kosovo (nell’ex provincia serba è ancora operativa una missione permanente dell’Alleanza Atlantica, denominata KFOR) tutelino i cittadini di etnia serba dalla polizia di Pristina.