Non amavo Hermann Nitsch, pareva un artista funzionale allo “Show must go on!” dell’arte contemporanea, oggi non posso che riconoscerne il valore: L’artista viennese è riuscito a conservare, preservare e consegnare l’aspetto ritualistico e simbolico del fare arte, facendo della sua esperienza, l’esperienza del gran Maestro di laboratorio alchemico, del celebrante del rito attraverso gesti dal forte valore simbolico e iconico.
A Napoli c’è un suo Museo Laboratorio, Archivio della sua arte, curato e gestito dalla Fondazione Morra (gigante dell’alfabetizzazione artistica contemporanea nell’area di Napoli città metropolitana), esempio virtuoso di come il privato si possa innestare nella città e alimentare il dibattito e la produttività artistica e culturale con ricaduta nella qualità dialettica dell’offerta pubblica.
Nitsch, nasce con l’azionismo Viennese, ma la sua ricerca va ben oltre la maniera e l’estremismo ideologico di Gunter Brus, Otto Muhl e Rudolf Schwarzkogler, la sua idea di produzione di senso del fare artistico, è immersa nel “Teatro delle orge e dei misteri”, rituale e cerimonia ancestrale, alchimia ed esoterismo simbolico. Nitsch ha incontrato nel 1974 Giuseppe Morra, e nell’Aprile in un’azione presso lo Studio Morra si conquista l’espulsione dall’Italia: tempi ideologicamente cristiani militanti e il cattocomunismo mass mediatico rivoluzionario (in realtà reazionario), non fosse pronto a comprenderne l’altissimo valore simbolico, estetico e di contenuto.
Il Museo mostra il suo studio laboratorio: sostanze, vernici, ampolle, colori. Mi sono riflesso in una sensibilità plastica pittorica e gestuale vicina, vernici, smalti e pastelli a olio , mi hanno accompagnato in tutta la mia produzione artistica matura. Guardando oltre la spettacolarizzazione estetica e ritualistico performatica delle sue operazioni, il risultato plastico e pittorico è da togliere il fiato, nei cromatismi, nelle impronte, negli strati, passaggi e velature, ci si proietta nella dimensione d’origine del linguaggio che accomuna da quando abbiamo messo in questo pianeta. Non pensando al rituale performatico collettivo, al sangue, agli animali, alle crocifissioni, al sangue, alle tuniche bianche, alle vesti del sacerdote, le croci e tutto quello che può disturbare un puritano e moralista inconscio, si comprende come la mission del lavoro, sia finalizzata a smuovere tabù morali, religiosi e sessuali, riarmonizzando la relazione con la natura animale e animica.
Osservando i suoi lavori come pittura, si ha la sensazione di trovarsi in una dimensione originaria fuori dal tempo, dove simboli e linguaggio stanno nascendo e si stanno determinando dinanzi a noi, una funzione d’onda che pare portarci a un punto evolutivo altro dal quale può essere possibile partire per altre direzioni: così lavora un privato al servizio della comunità, in una realtà alchemica, simbolica ed esoterica come quella Napoletana, lavora a contatto diretto con un artista che sento empaticamente affine rispetto a ciò he lo circonda, e lo porta a dialogare, creando un legame diretto con il genius loci del territorio, dove Nitsch si trasferì anche a vivere, dopo la scomparsa della moglie, nella zona archeologica di Cuma.
Pensate ora a tutti i provincialismi isolani, a come lavorano Gallerie e Fondazioni Cagliaritane, a tutta la retorica sull’arte “sarda”, capirete quanto sia necessaria l’alta formazione artistica per connettere pubblico e privato e farli guardare insieme oltre i propri limiti culturali, territoriali e linguistici.
di Mimmo Di Caterino