Il massacro di Sabra e Shatila, quarantuno anni fa

Il 16 settembre di quarantuno anni fa, le milizie cristiane libanesi uccisero un numero mai precisato di civili palestinesi e di sciiti libanesi che si trovavano nei campi profughi di Sabra e Shatila, vicino a Beirut, con la complicità dell’esercito israeliano.

Il giornalista britannico Robert Fisk fu tra i primi ad arrivare dopo il massacro e in un famoso reportage lo definì «un crimine di guerra».

Con gli israeliani, installati a 200 metri da Shatila, a creare una cinta intorno ai campi e a fornire i mezzi necessari all’operazione. Il bilancio, secondo stime difficilmente verificabili, sarà di circa 3.000 vittime. Una grande manifestazione di protesta in Israele porta alla creazione di una commissione d’inchiesta che attribuisce ad Ariel Sharon la responsabilità del massacro, costringendolo a dimettersi da ministro della difesa.

Il 16 dicembre dello stesso anno l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nel condannare nel modo più assoluto il massacro, conclude “che il massacro è stato un atto di genocidio”.

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