Certo, esaminando le informazioni recenti, potremmo essere anche maliziosi. I servizi segreti egiziani avevano informato i loro colleghi israeliani di attacchi possibili da parte della resistenza palestinese (non solo Hamas). Voluta la negligenza dei servizi segreti israeliani? Se voluta da parte di Netanyahu significherebbe creare una Pearl Harbor per aver il destro di distruggere definitivamente la Resistenza e prendere possesso di tutta la Palestina, sicuri di avere, dopo gli eccidi, alcuni sicuri e altri inventati, l’accettazione dell’Occidente. Se voluta dagli USA significherebbe incriminare, con prove truccate, il coinvolgimento dell’Iran non solo nell’addestramento e nel finanziamento ma anche nella pianificazione, magari anche con suoi pasdaran, dell’ azione bellica, il che comporterebbe la giustificazione per una guerra contro lo stato sciita da parte dagli Stati Uniti e dell’Occidente collettivo.
Se vogliamo evitare una tale ipotesi, rimanendo sull’immediata evidenza, c’è da dire, che da parte del mondo arabo, se vi sono stati in precedenza tenui avvicinamenti ad Israele, vi sono state anche dichiarazioni molto forti contro il regime americano. Del tipo “Non abbiamo più bisogno degli States”…”non vogliamo più essere diretti”. Se è vero che un tale atteggiamento era presente già da una decina di anni, con ottimi rapporti diplomatici con la Cina, è anche vero che una tale “indipendenza” si è rafforzata con il disastro della Nato nella guerra per procura contro la Russia, disastro che ha evidenziato non solo l’inferiorità militare e tecnologica degli armamenti occidentali rispetto a quella russa ma anche una tenuta economica in discesa ( molta ricchezza di carta ma non di manifatture, di risorse minerali preziose, di lavoro specializzato…)
Hamas ha attaccato, di sabato, in un momento di rilassamento della popolazione ebraica, nella consapevolezza che il “Grande Protettore” ormai versa in uno stato di debolezza crescente e che non potrà sostenere davanti ad un modo arabo sempre più consapevole della propria forza, una politica paranoica come quella di Netanyahu e della sua dirigenza e che sarà costretto a sbattere il muso davanti a nuove realtà come quella dei Brics (11 Paesi dal primo gennaio 2024 -tre islamici-) e costretto, se non vuole scatenare un’altra guerra mondiale, a ridimensionare le sue ambizioni.
Qualora le armate sioniste avanzino per penetrare entro Gaza, è presumibile che Israele venga accerchiato da più forze. Hezbollah che è già dentro la Striscia potrebbe mettere in campo la sua forza militare: droni kamikaze, missili tattici, armi anti-carro, artiglieria. E mentre in Iraq l’imam Muqtada al-Sadr chiamerà un milione di persone per una manifestazione contro Israele, arriva l’appoggio militare degli Houti yemeniti, dotati di armi sofisticate capaci di superare i 2000 Km che li separano dalla striscia, grazie alla tecnologia iraniana e il sostegno diretto del battaglione Jenin delle brigate Al-Quds, nonché di tre battaglioni provenienti dall’Iraq.
Tutto ciò mentre Hamas in Israele controlla 20/25 località trasformate in roccaforti. I sionisti, frattanto continuano la “punizione collettiva” il massacro di Gaza dove ormai non c’è un angolo dove rifugiarsi. L’Egitto, dopo aver chiuso il valico di Rafah, “per ragioni di sicurezza”, permetterà la fuoriuscita di duemila persone, sperando ovviamente che non si fermi ad un passaggio unico.
Israele può vivere in pace solo se rispetta i suoi vicini, le loro culture, se pratica una vera democrazia al suo interno con Palestinesi che godano degli stessi diritti degli Ebrei, se apre le porte alla comunicazione solidale. Il mondo arabo non può sopportare l’umiliazione del popolo palestinese. Israele potrebbe incorrere nei decenni futuri ad un disastro inimmaginabile, come è accaduto ad altre feroci dittature. Il futuro verso cui deve tendere Israele è la costruzione di una Palestina tutta in cui possano convivere Ebrei e Palestinesi e abbandonare radicalmente la politica del caos.
di Antonello Boassa