Firenze ha il suo Museo della Moda e del Costume, un percorso che si snoda attraverso 20 sale che, abito dopo abito, snocciolano nel dettaglio tanti dei momenti iconici che hanno segnato la storia del costume, dai look in stile Belle Epoque a quelli delle ‘flapper girls’ degli anni Venti, dagli abiti da sposa firmati dal couturier Charles Frederick Worth alle mise di Catherine Donovan, che il New York Times ha definito la sarta della élite cittadina (vestì i Goelet, gli Astor e i Vanderbilt).
Fino al contemporaneo, con pezzi speciali come i due abiti di Gucci donati (e indossati) da Patty Pravo.
Insomma un percorso completo, illustrato oggi dal direttore delle Gallerie degli Uffizi Simone Verde, che ha spiegato come questo passaggio rappresenti ”il compimento di un lungo viaggio di ricerca e il sogno di avere un museo enciclopedico della storia del costume, per rendere un servizio pubblico di qualità”. In effetti le origine di questo museo risalgono a quaranta anni fa: era l’8 ottobre 1983 quando a Palazzo Pitti fu inaugurata la Galleria del Costume, uno spazio museale dedicato ai costumi di varie epoche. Una novità mai vista prima in Italia, ideato da Kirsten Aschengreen Piacenti (al tempo direttrice del Museo degli Argenti).
Da quel momento la Galleria ha custodito pezzi storici che documentano la storia della moda italiana, e non solo. Fino al 2019, quando ha chiuso i battenti per il restyling. Oggi, la nuova veste, con un riallestimento totale, 8 nuove sale con rari abiti del Settecento e Ottocento, che si aggiungono alle 12 sale inaugurate a dicembre dell’anno scorso. Con una novità nell’allestimento, gli abiti sono esposti in dialogo con alcuni dipinti delle collezioni delle Gallerie degli Uffizi: i ritrattisti del Settecento e del primo Ottocento come Laurent Pecheux e Jean-Sébastien Rouillard, quelli dell’Ottocento come Tito Conti e Vittorio Corcos, fino all’avanguardia italiana con Alberto Burri. Nelle otto nuove sale ci sono abiti in stile Impero (tra cui uno in crêpe di seta avorio, ornato da ricami in laminetta d’argento), del periodo Restaurazione e rari abiti da sposa ottocenteschi, tra cui un prezioso modello con strascico realizzato dal couturier Charles Frederick Worth. Poi le mise da sera e i modelli sfarzosissimi della Belle Epoque disegnati da Raphael Goudstikker (tra cui uno in chiffon giallo e verde della contessa Margaret Brinton White Savorgnan di Brazzà, con perline e cannucce di vetro. Infine, i primi del ‘900 con i modelli di Mariano Fortuny per Eleonora Duse e la veste da casa a kimono di Donna Franca Florio, dello stilista Jacques Doucet.
La curatrice Vanessa Gavioli spiega di aver costruito l’itinerario navigando tra una raccolta di oltre 15.000 numeri d’inventario. ”Ovviamente per ragioni conservative vi saranno rotazioni – spiega la curatrice -, ma la griglia cronologica e concettuale rimarrà stabile”. Il percorso prosegue poi con le 12 sale già aperte a dicembre, con gli abiti sgargianti di Elsa Schiaparelli e le creazioni del sarto delle dive Emilio Schubert (celebri i suoi capi per Gina Lollobrigida e Sophia Loren), due modelli di Gucci donati da Patty Pravo (uno lo indossò alla finale di Sanremo del 1987), la sensualissima guaina nera che Jean Paul Gaultier creò per Madonna, oltre alle indimenticabili creazioni che Gianfranco Ferré firmò per Dior negli anni ’90.