I giudici della decima sezione penale di Milano hanno condannato a 1 anno e 4 mesi per falso l’infettivologo Massimo Galli, ex direttore del reparto Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, assolto invece per la turbativa d’asta per il presunto condizionamento di un concorso universitario per favorire l’assegnazione di un posto da professore associato al suo ex collaboratore Agostino Riva. Riva è stato assolto dalle accuse.
La corte ha escluso le aggravanti per Galli (pena sospesa), ha assolto Riva “perché il fatto non sussiste” in merito al reato di turbativa d’asta e “per non aver commesso il fatto” per l’accusa di falso, ha fissato in 90 giorni il tempo per il deposito delle motivazioni.
In sostanza i giudici hanno accolto la tesi della pubblica accusa, i pm Carlo Scalas ed Eugenia Bianca Maria Baj Macario, che avevano chiesto per Galli – in uno dei filoni dell’inchiesta milanese su presunti concorsi pilotati – una condanna a un anno e dieci mesi, mentre per l’altro imputato la richiesta era stata di un anno e sei mesi. Per la procura è Galli, uno dei volti simbolo durante l’emergenza Covid, il “regista dell’operazione” che riguarda un concorso che si è svolto nell’aprile del 2020. Due i candidati che si contendono il posto: lo stretto collaboratore Agostino Riva, e il collega del Niguarda Massimo Puoti. Riva, coimputato, ottenne il posto di professore di seconda fascia in Malattie cutanee, infettive e dell’apparato digerente, ma Puoti sarebbe stato svantaggiato, a dire dell’accusa. Contro Galli ci sarebbero delle intercettazioni telefoniche che dimostrerebbero come il concorso sia stato ‘calibrato’ dall’infettivologo, “presidente della commissione giudicatrice, una persona che sposta gli equilibri all’interno del dipartimento” per favorire Riva con cui ha “uno stretto rapporto fiduciario”. In sostanza, è la tesi sostenuta nella requisitoria, “una selezione vera in questo caso non c’è stata”, ma i criteri valutativi sarebbero stati cuciti addosso ai candidati. Il curriculum “strutturato” di Puoti, direttore al Niguarda, non basta, ma “andare contro Galli significa andare contro una macchina mediatica, era come andare contro Maradona a Napoli”, le parole usate in aula dal pm Scalas. Accuse che Galli ha sempre respinto e che continua a respingere anche oggi dopo il verdetto.