C’era già il voto di scambio nell’antica Pompei. Durante le cene si facevano accordi, soprattutto tra edili e fornai.
E’ il singolare aspetto emerso durante gli ultimi scavi. Scavi che ‘fotografano’ anche quello che molto probabilmente fu l’ultimo sacrificio sull’altare domestico fatto prima dell’eruzione.
Pompei continua a raccontarsi e a raccontare, dunque. Come riportato nella rivista scientifica online del Parco archeologico di Pompei, l’E-Journal degli Scavi di Pompei, dopo la scoperta di una natura morta con focaccia e calice di vino, ora a destare stupore è una serie di iscrizioni elettorali, l’equivalente antico dei manifesti e post elettorali di oggi, scoperte nell’ambiente che ospitava il larario, l’altare domestico della casa. Normalmente, queste scritte si trovano sulle facciate esterne degli edifici, dove il popolo poteva leggere i nomi dei candidati alle magistrature della città. Probabilmente la spiegazione si trova nella prassi di organizzare, all’interno delle case dei candidati e dei loro amici, eventi e cene allo scopo di promuovere la campagna elettorale. Le iscrizioni invitano a votare un tale Aulus Rustius Verus, candidato per la carica di edile, un personaggio dell’ultima fase di vita di Pompei conosciuto già grazie a altre iscrizioni e che, insieme a Giulio Polibio, proprietario di una splendida casa su via dell’Abbondanza, negli anni Settanta del I sec. d.C. raggiunse la carica più alta della città, quella di duumvir.
La casa, attualmente oggetto di scavo, molto probabilmente apparteneva a un sostenitore di Aulo Rustio, forse un suo liberto o un amico, e ospita anche un panificio caratterizzato da un grande forno. E’ proprio la presenza del panificio che avvalla l’ipotesi che già allora esisteva il voto di scambio.
Come spiega Maria Chiara Scappaticcio, professoressa di latino all’università Federico II a Napoli e co-autrice dello studio appena pubblicato: “Edili e fornai collaboravano ai limiti della legittimità e, plausibilmente come Giulio Polibio, A. Rustio Vero potrebbe aver capito fin da subito, quando ancora brigava per diventare edile e nel pieno della sua campagna elettorale, che (soprattutto) di pane vive l’elettore”. Ciò potrebbe spiegare anche perché le iniziali del candidato, A.R.V., appaiono su una macina di pietra vulcanica, appoggiata nell’atrio della casa, dove nel momento dell’eruzione si stavano facendo lavori di ristrutturazione. Aulo Rustio Vero verosimilmente finanziava, direttamente, l’attività del panificio con scopi sia economici che politici.
Non solo. Sull’altare in muratura del grande Larario (edicola sacra) dipinto, caratterizzato da due serpenti in stucco, noti in rarissimi confronti, sono stati, inoltre, rinvenuti resti di un’ultima offerta votiva, probabilmente avvenuta poco prima dell’eruzione. Le analisi archeobotaniche e archeozoologiche hanno permesso di identificare gli elementi che costituivano tale offerta e di riconoscere diverse azioni del rito effettuato. L’offerta era costituita principalmente da fichi e datteri che erano stati bruciati davanti all’altare.