Io so’ io, Sergio Rizzo racconta la politica italiana

Sergio Rizzo, giornalista e coautore del noto bestseller e saggio inchiesta La casta (2007), torna in libreria con Io so’ io – Come i politici sono tornati a essere intoccabili.

Il saggio, uscito per Solferino, passa al setaccio sprechi e storture della politica italiana di oggi. Il titolo romanesco riprende la battuta del Marchese del Grillo di Monicelli, e deriva a sua volta dal sonetto Li soprani der monno vecchio del poeta Giuseppe Gioachino Belli.

“C’eravamo illusi che con la repubblica gli italiani non sarebbero stati più sudditi, ma cittadini. E come la legge dev’essere uguale per tutti, anche chi pro tempore detiene il potere o ha un posto in Parlamento per decisione degli elettori dovrebbe avere, oltre ai medesimi diritti, anche gli stessi doveri di coloro che l’hanno eletto”, scrive Rizzo nel capitolo Governare non può mai significare comandare.

Oggi “il Parlamento non ha più la funzione che la Costituzione gli assegna”, spiega Rizzo. “Dovrebbe essere – continua – il luogo dove si concepiscono, si discutono e si approvano le leggi; invece le produce il governo e il Parlamento si limita a votare i suoi decreti, scritti dagli alti burocrati esperti legislativi dei ministeri. Gli eletti dai cittadini dovrebbero avere il controllo sul potere esecutivo, ma sono ridotti a ratificare decisioni politiche prese dai capi dei partiti o nelle stanze dei ministri”.

Il saggio affronta anche il tema delle urne vuote, fenomeno legato al fatto che gli elettori sono “sempre più delusi e disorientati”. “Gli italiani non vanno più a votare perché lo ritengono inutile”, commenta Rizzo che prosegue: “A cambiare sono soltanto le parole. Cambiano i nomi dei partiti, come pure i nomi dei ministeri. Cambiano così frequentemente che è difficile stargli dietro, per la gioia delle ditte incaricate di rifare in continuazione targhe, targhette, carte intestate e biglietti da visita”.

Nel paragrafo Meno onorevoli, stessi soldi di prima, Rizzo parla di un altro argomento clou, ovvero quello degli sprechi e fa sapere: “sebbene il numero dei parlamentari sia ridotto del 36,5 per cento, le dotazioni finanziarie di Camera e Senato non si riducono di un centesimo. Cioè per i 600 deputati e senatori attuali il Tesoro dà gli stessi soldi di prima, come fossero ancora 945. Complessivamente poco meno di un miliardo e mezzo: 943.960.000 euro alla Camera, 505.360.500 euro al Senato”.

 

Exit mobile version