I test d’ingresso sono uno strumento necessario per comprendere quanta distanza generazionale e culturale ci sia tra un docente e una classe, per questo, ogni inizio anno, sono solito porre delle questioni aperte agli studenti cui tocca la sventura d’incontrarmi come docente, lo faccio nel nome di una progettazione e processualità del fare artistico che sia aperta all’interazione dialettica (senza la quale non può esserci didattica), d’anno in anno diagnosi e anamnesi, mi portano a fare considerazioni sul futuro prossimo (di fatto presente), che per qualcuno potrebbero non essere piacevoli: In un Liceo, per quanto a indirizzo artistico, gli studenti trovano noioso Picasso, s’annoiano al solo pensiero d’osservare un quadro e doverlo comprendere, non scindono tra tecnica e stile. Sviluppano e assimilano tecnica, predisponendosi a essere esecutori da protocollo (con la complicità dei docenti e della scuola pubblica?), aspettando che un docente dica loro “cosi devi fare”. –
La storia dell’arte che verrà, sarà altra cosa rispetto quella che ho/abbiamo imparato ad amare generazionalmente, tutto sarà relativizzato, i grandi Maestri saranno una nicchia di conoscenza per esperti o si ritroveranno nel nome della sintesi (del pensiero, delle conoscenze e dell’obiettivo minimo da raggiungere per tutti) a essere inquadrati come linguaggio di genere in una marea di generi e sottogeneri dell’arte. I video su TikTok sono al momento di maggiore interesse e stimolo creativo, nella loro efficacia e immediatezza, di una qualsiasi mostra d’arte, a una mostra di Picasso, si preferisce un video tutorial di come lavora l’artista signor nessuno, contatto della porta accanto, che lavora “alla maniera di…”, questo ci proietta dento una visione piatta e omologata del linguaggio dell’arte.
Licei Artistici e Accademie d’Alta Formazione Artistica, si ritrovano in questo contesto presente, a essere gli unici luoghi formativa, dove attraverso la pratica linguistica dell’arte, si può ancora muovere il processo e il pensiero creativo individuale, ma nel muoversi nella loro storica rotta di direzione, c’è il rischio che si trovino sconnessi dall’intero impianto economico, sociale e di comunicazione contemporaneo, la vera difficoltà della scuola pubblica è proprio essere scuola di massa, da una parte c’è la scuola di massa, dall’altra la comunicazione mediatica di massa (viralmente social media integrata), si può ipotizzare che non si muovano in una rotta di direzione comune?
Quanto i media di massa, nel nome del mostrarne uno ed educarne centomila, hanno reso piatta l’istruzione artistica italica? Quanta responsabilità hanno nell’elaborazione del gusto di massa, nella celebrazione all’unisono, d’artisti che il secolo scorso, culturalmente, sarebbero stati definiti banali mestieranti (penso a Banksy, ma anche a Jorit, Federico Clapis e Jago), è solo in questa direzione di gusto, che bisogna muovere la didattica e la dialettica del tempo presente? Per questo non c’è già il mercato, la retorica politica e la propaganda? La ricerca artista, in termini evolutivi, necessita di studio e ricerca che lavori per ampliare vedute e prospettive dell’umano, o di tecnici che sappiano accontentare nel nome dell’obiettivo di status e comunicazione, facoltosi collezionisti che impongono la propria idea dell’arte, concedendo all’artista di moda di turno, effimera popolarità, destinata a sgonfiarsi, quando dell’artista e del committente collezionista, resterà solo l’opera?
Di Mimmo di Caterino