La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha ordinato al governo italiano, pena una condanna per violazione dell’articolo 3 della Convenzione, di interrompere la carcerazione a San Vittore di due detenuti e di trovargli un posto in un luogo di cura perché ‘non imputabili’ in quanto sofferenti di gravi disturbi psichiatrici.
I giudici hanno accolto nei giorni scorsi le richieste di ingiunzioni cautelari, in attesa di una decisione nel merito, avanzate dalle avvocate Antonella Calcaterra e Antonella Mascia insieme al giurista Davide Galliani. In passato la Corte ha già condannato più volte l’Italia in situazioni analoghe per violazione del “divieto di trattamenti inumani o degradanti”. Negli ultimi anni, i governi hanno offerto spesso un risarcimento al ricorrente in cambio del ritiro del ricorso.
Uno di questi casi seguiti dalle legali milanesi riguarda un cittadino albanese di 46 anni “invalido civile al 100%”, come riportato nell’istanza alla Cedu letta dall’AGI in cui vengono ricostruite le tappe della sua vicenda. Il 21 ottobre del 2022 su richiesta della Procura l’uomo è stato allontanato dalla casa in cui viveva coi genitori che lo avevano denunciato per maltrattamenti e lesioni.
Dopo numerosi violazioni del divieto di avvicinamento “causate anche dall’assenza di altri luoghi dove recarsi, soprattutto per ripararsi dal freddo della notte”, il pm ha disposto la misura cautelare in carcere e, a gennaio di quest’anno, il suo inserimento in una comunità terapeutica sulla base di una consulenza che lo valutava “incapace di intendere e di volere” per la sua patologia. Non si è trovata nessuna comunità disponibile e l’indagato ha continuato a restare in cella. A maggio il gip ha dichiarato il ‘non luogo a procedere’ perché “non punibile per vizio totale di mente” e ha indicato per lui l’inserimento in una Rems.
La misura però non è stata eseguita a causa dell’esiguità dei posti a disposizione, un problema ormai di lunga data fin da da quando, nel 2017, queste strutture sono subentrate agli ospedali psichiatrici giudiziari. Le liste d’attesa sono lunghe anche un anno. Un quadro che contrasta con l’articolo 3 della Convenzione che vieta “i trattamenti e le pene umane degradanti”.
Il secondo caso è molto simile. Un cittadino italiano di 40 anni è stato assolto il 3 marzo di quest’anno dal reato di maltrattamenti ai danni dei genitori perché non imputabile per ‘vizio totale di mente’. Il gip ne ha ordinato l’immediata scarcerazione e l’inserimento in una Rems tenuto conto della malattia e della “pericolosità sociale”. Ma anche qui ‘missione impossibile’ come per tante altre persone detenute illegalmente nelle carceri in attesa di un posto dove curarsi.