La cucina italiana è cambiata, si è evoluta, è più leggera, e al Quirinale che cucina si fa? ANSA LIFESTYLE ne ha parlato con Fabrizio Boca, executive chef del Colle, in occasione dell’evento a Villa Dino che ha visto riuniti, dopo l’occasione istituzionale con il presidente Sergio Mattarella, gli chef dei capi di stato, l’esclusivo club Chefs de chefs.
“E’ una cucina regionale che rispetta le nostre tradizioni e non vogliamo dimenticarla.
Usiamo solo prodotti made in Italy in nessun caso, nulla arriva dalle altre gastronomie europee. Il 30% delle forniture dei prodotti freschi arriva dalla tenuta di Castel Porziano, cerchiamo inoltre di valorizzare le piccole aziende che andiamo a scoprire personalmente. Da un po’ di tempo a questa parte, con questa nuova amministrazione, con il presidente attuale, noi siamo riusciti a creare un reparto che si chiama struttura ricevimenti e ristorazione, perché prima non c’era. Quindi la struttura di ricevimento e ristorazione ha un economato e segreteria, ha una cucina e la sala e tutto funziona in sinergia”.
Nei pranzi e nelle cene ufficiali cosa non manca mai? “Ovviamente la pasta, il simbolo dell’Italia. Con sughi anche semplici e quasi sempre in formato corto per non mettere in difficoltà gli ospiti con formati lunghi poco gestibili da chi non è italiano o abituato. La nostra è ospitalità massima dunque badiamo moltissimo a tutte queste accortezze, compreso ovviamente i dettami religiosi per cui evitiamo il maiale se a tavola siederanno musulmani. Per noi è importante trasmettere l’importanza della tradizione e del made in Italy». I pranzi e le cene di Stato sono, quindi, anche una vera e propria vetrina per i piatti e i prodotti italiani.
Il Quirinale, racconta Boca con Massimo Sprega, head chef del Quirinale, si è dotato di un archivio digitalizzato di ricette. Una curiosità poco nota.
“Facciamo relazioni scritte sottolineando il menu proposto, il gradimento, le possibili migliorie e lo archiviamo da una ventina di anni. L’idea è di non riproporre mai lo stesso menù allo stesso capo di Stato che magari torna in visita a meno che non ha espressamente richiesto, con il cerimoniale, di gustarlo di nuovo. Questo data base, che è un vero tesoro in cui trovano spazio tante ricette regionali di tradizione oltre ai menu sperimentati, è stato digitalizzato di recente e può essere letto anche come un interessante excursus storico: cosa ha gradito quel presidente, quell’altro, c’è insomma quasi la storia di una nazione o perlomeno quella delle relazioni diplomatiche a tavola. C’è da dire che i presidenti, alcuni almeno, cambiano ma le delegazioni no”.
La cucina nelle case italiane è diventata più light e al Quirinale? “Negli anni è cambiata molto anche al Colle, è stata semplificata, raramente sono previste più di tre portate, primo secondo e dolce solitamente, mai l’antipasto, si immagina di stare seduti non più di 45 minuti. Se il punto fermo è la pasta, sempre molto apprezzata dalle delegazioni di tutto il mondo, raramente sostituita dal risotto, c’è ingrediente che invece è bandito a tavola al Quirinale: l’aglio. Nell’incontro con Boca, tenuto al segreto professionale, qualche curiosità inedita esce fuori. “Un presidente ci fece sapere che aveva scoperto, mangiandola per la prima volta e particolarmente gradita la fregola sarda e questo feedback ovviamente è finito registrato nell’archivio della cucina del Quirinale. C’è stato anche il caso di un altro presidente che ha talmente apprezzato una ricetta da chiederci di farne un video tutorial così che la potessimo mandare al suo chef. Cos’era? Non potrei rivelarlo… una semplice torta di pere”.
E il presidente Mattarella cosa mangia? Inutile fare questa domanda: è top secret ma qualcosa esce fuori, almeno due piatti molto apprezzati, il Pollo alla diavola, l’altro è un cibo legato alle origini siciliane del Presidente: Pane e panelle.
Il pranzo più difficile da preparare? Siamo collaudati ma un evento un po’ stressante è il 2 giugno per la complessità e la partecipazione dei ragazzi delle scuole alberghiere. Ma nonostante la pressione la nostra è una bella macchina organizzativa, con un cerimoniale eccellente e il presidente stesso ci ha sempre rassicurati.
Ma cosa è il club chefs de chefs? Il fondatore, Gilles Bragard, il 21 novembre 1977, organizzò per primo in Francia una cena tra ‘amici e colleghi’. Ai fornelli c’era il padre della nouvelle cuisine, Paul Bocuse, e a tavola gli chef dei capi di Stato. Oggi il club conta circa trenta chef. Ogni anno si riunisce in un paese diverso, non tanto per scambiare ricette perchè ciascuno, hanno raccontato Boca e Sprega, deve valorizzare la cucina del proprio paese quanto l’occasione di confrontarsi sulle tecniche e far scoprire microrealtà locali.
L’evento a Villa Dino sull’Appia Antica degli Chefs de chefs, organizzato da La Differenza della famiglia Stramaccioni, tante realtà locali che i cuochi internazionali hanno potuto gustare, scovate dal patron Paolo e dai suoi figli. C’erano prelibatezze della pizzeria 180grammi, gli affumicati artigianali di Sapor Maris, il grano de La Mia Pasta. Il 3 ottobre hanno fatto inoltre un’esperienza presso il caseificio Ferrari di Bedonia (PR), in Alta Val Taro, per mostrare come avviene la preparazione del Parmigiano Reggiano di Alta Montagna e il 4 ottobre una visita presso l’Abbazia di Chiaravalle, culla del Grana Padano.
Per gli chef dei capi di Stato è stata organizzata anche una visita all’Abbazia di Chiaravalle, per conoscere il luogo in cui è nato il Grana Padano, la Dop più esportata al mondo.