L’attivista panafricanista e anti-colonialista Stellio Gilles Robert Capo Chichi, più noto come Kemi Seba, è stato arrestato lunedì sera a Parigi mentre cenava in un ristorante con Hery Djehuty, il suo braccio destro, anch’egli arrestato. La notizia è stata diffusa martedì pomeriggio dall’Afp e, in serata, è stata ulteriormente confermata da una nota diffusa da Urgences panafricanistes, l’organizzazione non-governativa che fa capo proprio a Seba. L’attivista franco-beninese, che in realtà non è più né francese né beninese perché le autorità di entrambi i Paesi gli hanno revocato la cittadinanza mesi fa, ha un seguito enorme nella diaspora africana in Europa e tra gli afrodiscendenti europei, certamente maggiore rispetto al seguito che ha in Africa, comunque importante.
I due attivisti sono stati arrestati da agenti della Direzione generale della sicurezza interna (Dgsi), i servizi francesi, e non c’è ancora chiarezza sulle accuse mosse contro di loro: secondo Afrique Confidentielle, portale edito dall’Institute of American Survey and Strategic Studies di Washington, Seba sarebbe stato interrogato ieri dagli uomini del Dgsi per rispondere ad accuse su delle attività di intelligence per conto di “una potenza straniera”. La Dgsi avrebbe anche perquisito la camera d’albergo di Seba, che sarebbe detenuto in una caserma della Dgsi a Levallois Perret nell’Ile de France. Al momento dell’arresto Seba era in possesso di un passaporto diplomatico nigerino e di un visto Schengen D, con il quale era entrato in Unione Europea: in Niger è formalmente un consigliere speciale del presidente ad interim, il generale Abdourahamane Tchani.
Ieri, alla diffusione della notizia dell’arresto di Seba, è stata velocemente organizzata una piccola manifestazione di fronte all’ambasciata francese a Bamako, in Mali: gli attivisti hanno srotolato uno striscione bianco con la scritta nera “Libertà per l’africanista Kemi Seba”. Stamattina invece Nathalie Yamb, attivista, imprenditrice svizzero-camerunese e sodale di Seba, ha accusato su X le autorità francesi di avere illegalmente arrestato Seba e Djehuty, definiti “prigionieri politici” mentre il Baku Initiative Group, un’organizzazione azera di pressione politica, ha diffuso una nota stampa parlando di “detenzione illegale di Kemi Seba” da parte delle forze dell’ordine francesi. Il legale di Seba, Juan Branco, si trovava in Portogallo ma è rientrato a Parigi immediatamente. Branco è molto legato a Seba e nell’estate del 2023 fu arrestato, insieme all’attivista, in Senegal. Successivamente sono entrambi stati espulsi dal Paese e dichiarati persone non grate.
Seba, 42 anni e nato a Strasburgo (Francia), è stato già condannato più volte in Francia per presunto incitamento all’odio razziale: le autorità francesi gli hanno revocato la cittadinanza lo scorso luglio e, per tutta risposta, Seba ha pubblicamente bruciato il passaporto francese. In quell’occasione, anche la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, criticò la decisione delle autorità francesi di revocargli la cittadinanza: inoltre, Seba è considerato persona non grata in Benin (che pure gli ha revocato la cittadinanza) e Senegal, mentre negli ultimi mesi ha stretto legami importanti con le giunte militari alla guida dei Paesi saheliani. Secondo Urgences panafricanistes infatti Seba era stato prima in Turchia e poi al Congresso anticolonialista a Baku, in Azerbaejan, poi ancora in Belgio e in Spagna per alcuni incontri con attivisti beninesi e per visitare dei parenti. Dopo Parigi sarebbe dovuto volare a Ginevra, in Svizzera, per un dibattito presso il Consiglio dei diritti umani.