Un Museo Archeologico è sempre fuori dal tempo, così è il Mann di Napoli, che nel nome dell’archeologia, sa elevarsi a tempo dialettico dell’arte contemporanea, con nel nome del totalitario linguaggio simbolico dell’arte, specificità evolutiva dell’umano, abbiamo cominciato a praticarlo quando siamo diventati bipedi e attraverso il suo esercizio in cammino, siamo stati capaci di fare crescere la nostra calotta cranica.
Capita al suo interno, di potere assistere al confronto d’idee e contenuti differenti, sul fare arte e scultura contemporanea, da un lato Manolo Valdés, originario di Siviglia, formatosi nell’Accademia di Belle Arti di San Carlos (tanto per ricordarci che Cagliari non ha mai avuto la sua), attualmente di stanza a New York, rappresentato in Italia dalla sola galleria Contini, che chiaramente utilizza la vetrina espositiva del MANN per promuovere, in termini di mercato e quotazioni, un suo artista in esclusiva. Le sue Las Meninas, senza piedistallo, sono volutamente accessibili a un contatto con chi a loro si relaziona, e sono il chiaro frutto di un fitto dialogo con Velasquez prima e Picasso poi, lo stesso Valdés dichiara: “Noi costruiamo su ciò che la storia dell’arte ha messo nelle nostre mani. Una scusa per fare un discorso più ampio sulla vita umana”.
Le sculture di Valdés andrebbero bene dovunque, in qualsiasi luogo, nella loro astrattezza e purezza formale non caratterizzante. Un poco più complicato esporre dovunque “Aphrodisia”, rivisitazione di Michele Iodice, di Phallos, romanzo dello statunitense Samuel R. Delany, accompagnata dalla didascalia “per i contenuti espliciti, si sconsiglia l’accesso ai minori di 14 anni non accompagnati”, e la visione del suo intervento non delude le attese, una glory hall tutta da spiare, che ci pone dinanzi le nostre fantasie, voglie e desideri erotici reconditi, il pretesto poetico e mitologico di “Phallos”, è funzionale a muovere e smuovere il vouyer che è in ciascuno di noi, a sollazzarlo nella fantasia e fantasticheria del possibile e plausibile nell’intimità del proprio spazio dove si è liberi d’interagire con l’altro.
Valdés e Iodice, sono due aspetti (e approcci) diversi del fare arte contemporanea, che dialogando tra di loro, in un istituzionale luogo dell’arte contemporanea fuori dal tempo, certo, il mercato per loro esiste, ma la pubblica istituzione, lo sterilizza, rendendolo collaterale: capite perché è impagabile il valore della formazione e dell’alta formazione artistica?
di Mimmo Di Caterino