Viaggio nelle periferie, tra i poveri e gli emarginati, con “Rumba / L’asino e il bue del presepe di San Francesco nel parcheggio del supermercato”, uno spettacolo scritto e interpretato da Ascanio Celestini, in scena con Gianluca Casadei (musica e voce) e con la voce (fuori campo) di Agata Celestini, con le immagini dipinte da Franco Biagioni, il sound design di Andrea Pesce e il disegno luci di Filip Marocchi, produzione Fabbrica – Fondazione Musica per Roma – Teatro Carcano (in collaborazione con il Comitato Greccio 2023), in cartellone martedì 7 maggio alle 20.30 al Teatro Bocheteatro di Nuoro, mercoledì 8 maggio alle 21 al Teatro Costantino di Macomer, giovedì 9 maggio alle 20.30 al Teatro Comunale “Akinu Congia” di Sanluri e venerdì 10 maggio alle 21 al Teatro Centrale di Carbonia sotto le insegne della Stagione 2023-2024 de La Grande Prosa organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna con la direzione artistica di Valeria Ciabattoni, con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, della Regione Sardegna e dei Comuni aderenti al Circuito e con il contributo della Fondazione di Sardegna.
La pièce originale ispirata alla vita e alle opere del Santo di Assisi, ideata in occasione dell’ottavo centenario della prima rappresentazione del presepe di Francesco a Greccio (1223-2023) trae spunto dalla rievocazione della Natività per comporre un vivido affresco della società contemporanea: l’artista romano, tra gli esponenti di punta del moderno teatro di narrazione, racconta la storia del giovane figlio di un ricco mercante, affascinato dai poemi cavallereschi, che si scontra con la cruda realtà della guerra e mentre si accinge a partire per le Crociate, grazie a una visione, scopre la propria vocazione spirituale. Giovanni di Pietro di Bernardone (1181 ca.-1226), meglio conosciuto come Francesco, forse in omaggio alla Francia dove il padre svolgeva gran parte dei suoi affari, figlio amatissimo di Madonna Pica, una dama provenzale, cresciuto negli agi e destinato per sorte e per educazione a occuparsi dei commerci familiari, dopo la drammatica esperienza della prigionia seguita alla sconfitta in uno scontro tra Assisi e Perugia e un periodo di grave malattia, decide di unirsi alle armate di Gualtieri III di Brienne in Puglia, ma cade di nuovo infermo e, costretto a fermarsi a Spoleto, riceve una duplice rivelazione: rinuncia così al proposito di trasformarsi in guerriero della fede e ritorna nella sua città. La profonda conversione si manifesta non solo nella forte inclinazione per la solitudine e nella preghiera, ma anche in gesti eclatanti come lo spogliarsi delle proprie vesti sfarzose per preferire quelle di un mendicante, nell’abbraccio al lebbroso e nella vendita delle stoffe e del cavallo, per distribuire il ricavato ai poveri e a sostegno della Chiesa. Il celebre processo, quasi un estremo tentativo del padre di ricondurre il figlio alla ragione, in cui il giovane si denuda in pubblico per affidarsi alla clemenza divina, segna l’inizio di una nuova esistenza per Francesco, deciso a obbedire al comando di Cristo: «va’ e ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina».
Il futuro santo inizia a predicare e a vivere secondo i precetti di povertà e umiltà, presta soccorso agli ammalati, si impegna nel lavoro manuale, in particolare nel restauro di edifici sacri come la Porziuncola a Santa Maria degli Angeli e San Damiano e chiede l’elemosina, rifiutando le usanze e le tradizioni secolari e la ricchezza e ricercando nella semplicità la propria letizia. Una figura rivoluzionaria, che scardina la struttura gerarchica della Chiesa per ritrovare l’autenticità del messaggio evangelico nella fratellanza e nell’amore per il prossimo, nella rinuncia ai beni terreni e nella contemplazione della perfezione del cosmo, fino all’accettazione della sofferenza e della stessa morte fisica per giungere alla vita eterna. Nel suo “Cantico delle Creature”, uno dei più antichi testi in volgare, San Francesco d’Assisi celebra la bellezza della natura e l’armonia con gli astri e con gli elementi, in un inno di lode all’Altissimo.
Sulle orme del “giullare di Dio”, Ascanio Celestini con “Rumba” reinventa un presepe del Terzo Millennio dove invece di pastori e artigiani, fanciulle e spose, lavoratori e donne del popolo, abitanti di un villaggio medioevale sui Monti Sabini, coloro che assistono al miracolo della nascita di Gesù Bambino sono i moderni “ultimi” della Terra: tra protagonisti «Giobbe, magazziniere analfabeta che ha organizzato il magazzino senza nemmeno una parola scritta» ma anche «la Signora delle Slot rumena, arrivata in Italia come prostituta, che s’è ricomprata la propria libertà» e perfino «lo zingaro che ha cominciato a fumare a otto anni e sta ancora lì che fuma, accanto alla fontanella, davanti al bar».
Il progetto teatrale pensato per ricordare la rappresentazione del primo “presepe vivente” si traduce in una coinvolgente e suggestiva affabulazione, in cui l’incanto del paesaggio rupestre lascia il posto allo squallore e al degrado delle periferie metropolitane, per riscoprire il significato di un evento troppo spesso travisato nella civiltà dei consumi. Il mistero della discesa sulla Terra del Figlio dell’Uomo, disposto a sacrificarsi per la salvezza delle anime, un Messia con un messaggio di speranza e di pace per tutte le genti, rivive sulla scena in una chiave poetica e surreale: un rito laico per ritrovare lo spirito della regola francescana, il sentimento di un amore universale.
«Quante sono le stelle nel cielo? Così tante che non si possono contare» – dice il narratore, e si domanda –: «Cosa sono le stelle per lui? Sono la scienza e la conoscenza dell’universo? La fede? La fascinazione per la natura? O l’intuizione di un giullare, così si definiva Francesco, che ha cantato tutte le creature dal sole all’acqua, dalla cicala alla sorella morte corporale?». La vicenda emblematica eppure straordinaria del Santo di Assisi, dell’aspirante cavaliere diventato, a suo modo, un soldato di Cristo, suggerisce di rivolgere lo sguardo sulla realtà quotidiana e sulle miserie terrene, rinunciando al miraggio della gloria per diffondere la parola di Dio tra la folla confusa e amareggiata delle donne e degli uomini, portando aiuto e conforto e offrendo solidarietà e comprensione. Un antidoto all’egoismo e al materialismo, ma anche all’isolamento delle grandi città, dove le esistenze scorrono su binari paralleli e le persone si sfiorano senza mai incontrarsi: Ascanio Celestini dà voce a personaggi sconosciuti, racconta le loro fatiche, il dolore e la rabbia, i tentativi di riscatto, i loro desideri e i loro sogni, in una moderna favola tra ironia e poesia.
La storia e la figura di Francesco, «il santo che impara a ricostruire la Chiesa di Dio in terra» continuano ad affascinare spettatori e fedeli, ma «dove lo troveremmo oggi? Tra i barboni che chiedono l’elemosina nel parcheggio di un supermercato? Tra i facchini africani che spostano pacchi in qualche grande magazzino della logistica?»: “Rumba” è un invito a «guardare in basso», per incontrare i personaggi che «condividono lo stesso asfalto, la stessa condizione umana».