“‘O zio, mi rajé malamente/ Zio mi piaci molto.”
Un gruppo di ragazzi napoletani, mentre percorrevo Via Toledo. Media integrati e Mass Media hanno contratto la superficie sociale della crosta terrestre, di fatto viviamo immersi in un network globale, e con i social network facciamo parte della programmazione, questo non ci rende internazionali: nella nostra realtà viviamo il limite sociale della comunità a cui viene imposto un messaggio capillare, più sale d’intensità del messaggio, più torniamo animali tribali, membri volenterosi di una comunità vasta.
Ho scelto di tornare a vivere a Napoli dopo quasi trent’anni (e di riflesso di rubricare il sud dell’isola, come meta di rigenerazione dove staccare la spina in modalità vacanziero balneare), accettando nel quotidiano una realtà di tensioni e costrizioni sociali, di respirare aria inquinata, di rinunciare a esercizio fisico, di vivere in uno spazio ristretto e sovraffollato. Ho preferito la realtà metropolitana Napoletana, a una Cagliari nel sud di un’isola dalla vita contemplativa, perché l’ho fatto? In una metropoli di massa (Napoli lo è, Cagliari non ancora), il conformismo sa tollerare l’originalità e la creatività, la spersonalizzazione favorisce i ribelli e gli innovatori. In una piccola realtà metropolitana (che vive di periferia) come Cagliari, mi sentivo sottoposto e controllato da forme coesive e conformiste, imploso, confinato e inglobato nella “costante servitù storica degli artisti isolani”.
In una realtà come Napoli, convivo con decine di migliaia d’artisti frustrati, stratificati e generati nel tempo, aspiranti artisti senza alcuna speranza effettiva di fare arte, qualcuno accetta il fallimento, qualcun altro molla e altri ancora li trovi in situazioni d’ogni genere che promuovono via social (faccio parte di questa gretta categoria massificata?): li trovi in situazione d’ogni genere, collettive di mail art, esposizioni in un bar, esposizioni in gallerie prive di selezione, sui muri per strada…, il loro valore è legittimato dalla mediocrità dell’istruzione e dei media di massa, variazioni di vecchi e datati contenuti di ricerca, già assimilati dal sistema cognitivo e culturale. In una realtà come Napoli, i tentativi d’appiattire i linguaggi dell’arte, sono destinati all’insuccesso, imporre la mediocrità nell’arte da queste parti è qualcosa di destinato a fallire.
Sotto minaccia l’identità dell’artista reagisce: per questo deve essere altamente formato, per questo attendo buone nuove per questo Natale, dal Comune di Cagliari e dall’Accademia di Belle Arti di Sassari, c’è molto, troppo ritardo da colmare (chiedetelo agli stessi Cagliaritani fuori sede, che studiano all’Accademia di Napoli, o ai tanti turisti isolani, che tra Easyjet, RyanAir e Volotea, hanno scoperto, che l’Alta Formazione Artistica a Napoli, è questione presente in ogni condominio offerto al turista in tutta la sua bellezza e sospensione della memoria.
di Mimmo Di Caterino