L’isola delle Rose. Non la troverete sui libri di storia e nemmeno su quelli di geografia, perché per quanto possa sembrare surreale, l’Isola delle Rose è un’isola artificiale, ideata, voluta, realizzata dall’ingegnere bolognese Giorgio Rosa nel 1958, distrutta poi dalla Marina Italiana nel 1969.
Il visionario e anarchico ingegnere volle dimostrare come ci si potesse sottrarre alla supremazia di qualunque autorità, creando di fatto uno stato autonomo. Gradualmente e coinvolgendo altri visionari come lui, creò un vero e proprio stato con una lingua ufficiale, una moneta, un governo e un’emissione postale. Lo stato crebbe piano piano creando anche una piccola economia interna grazie ai francobolli e alle feste organizzate sull’isola che attiravano curiosi pronti a un’esperienza nuova e decisamente particolare.
Arrivarono numerose richieste di cittadinanza e in piena guerra fredda, essendo situata nel mare Adriatico, fuori dalle acque internazionali tra Italia e Jugoslavia, cominciò a creare qualche preoccupazione anche a livello governativo in Italia. Giorgio Rosa passò molti anni a tentare di ottenere un riconoscimento internazionale del suo stato, senza successo, ed è questo il motivo per cui non se ne fa menzione sui libri.
Quello che ottenne è che dopo la sua distruzione nel 1969, si ragionò a livello mondiale la modifica dei confini delle acque internazionali. Ci sono molti punti interrogativi attorno a quest’isola, per esempio dove trovò il capitale necessario per creare anche materialmente l’isola, ma essendo divenuto un caso politico di cui si auspica non ci siano emulazioni, è difficile venire a capo della storia.
In un film del 2020 del regista Marco Giudici, in una versione forse un po’ romanzata, viene ricreata tutta questa vicenda. Qualche informazione si trova anche sull’web, ma nessuna di queste toglie alcuni dubbi su come tutto ciò sia stato possibile, anche perché spesso sono contradditorie.