Demetrio Stratos ha dato la vita per la ricerca. Si è letteralmente sacrificato per essa cercando di forzare i confini della conoscenza. Prima con il pop dei Ribelli, poi con la musica totale degli Area e infine con i dischi solisti, lavori che spingono la voce verso territori incredibili, inesplorati, a tratti non-umani.
La voce di Stratos non era una voce, era uno strumento. In grado di passare con disinvoltura dall’r&b al rock fino a sperimentazioni inaudite nelle quali il canto si faceva lamento, si trasformava in flauto o sirena, tornava bambino. A volte spaziava in territori così distanti dall’ordinario che si fa fatica a riconoscere come voce quel suono incredibile che scaturisce dal corpo del suo creatore, tra diplofonie e trifonie (ovvero la produzione di due o tre suoni simultaneamente) e i picchi inauditi di 7000 Hz.