Me lo diceva sempre mio padre: la tua libertà finisce dove inizia la mia. Un enunciato così elementare che mi sembrava non ci fosse niente da capire. E invece oggi mi rendo conto di quanto sia complicato il concetto che nasconde questa piccola frase. Io sono libera, libera di fare quello che voglio, a condizione che non vada a forzare la libertà del prossimo, a condizione che non vengano oltrepassati i limiti entro cui il mio prossimo ha diritto di esercitare la propria libertà.
Il progresso e la società ci hanno immersi in una dimensione in cui non esistono più confini e la nostra libertà viene continuamente violentata per lasciare spazio alle esigenze del più forte. Siamo reperibili 24 ore su 24, riceviamo le mail sul cellulare e quindi non possiamo più dire di non averle viste, il telemarketing selvaggio ci raggiunge ovunque in qualunque ora di qualunque giorno. E per non farci mancare nulla, i social ci geolocalizzano ovunque mentre postiamo foto in cui è più importante condividere la felicità che viverla…
Parliamo di privacy, ma allo stesso tempo lasciamo che la nostra libertà venga gestita dagli altri. E così diventa tutto lecito: essere insultati come essere ignorati. Essere sottomessi ed essere messi al centro dell’attenzione per il tempo in cui dura una storia social. Ed è proprio sui social che i confini della nostra libertà vengono azzerati. Basta un tag di un social-amico che deve dimostrare che era da qualche parte e non da solo, per svelare dove si è…
Oppure, bambini che ignari diventano il mezzo per far diventare influencer i genitori e immagazzinare likes, visualizzazioni e followers, perdendo ogni libertà… Siamo sicuri di essere liberi in una società in cui permettiamo tutto a tutti e la nostra vita è sotto i riflettori di chiunque? Poi ci sorprende se la nostra finta libertà viene strumentalizzata dai più forti.