La verità sul Mes, dopo Conte Meloni dinanzi al Giurì d’onore

È iniziata l’audizione della presidente del Consiglio Giorgia Meloni davanti al Giurì d’onore della Camera, nel contenzioso sollevato dal leader del M5s Giuseppe Conte per le accuse della premier sul Mes. Meloni è entrata nella sala della biblioteca del presidente a Montecitorio, dove la commissione speciale di indagine ieri ha ascoltato Conte, in una seduta durata circa un’ora e mezza.

L’audizione all’organo giudiziario interno alla Camera è stato chiesto dallo stesso Giuseppe Conte lo scorso 13 dicembre in seguito alle accuse mosse da parte della stessa Meloni in assemblea dopo aver mostrato il fax, inviato all’allora rappresentante Massari da Luigi Di Maio, in cui veniva autorizzato a siglare il Meccanismo Europeo di Stabilità: “Il governo Conte alla chetichella ha dato l’assenso al Mes”.

E questo, aveva aggiunto, è successo “il giorno dopo le dimissioni del governo Conte, quando era in carica solo per gli affari correnti. Capisco la vostra difficoltà e il vostro imbarazzo, ma dalla storia non si esce. Questo foglio dimostra la scarsa serietà di un governo che prima di fare gli scatoloni lasciava questo pacco al governo successivo”.

La ricostruzione è stata quindi subito negata dall’ex premier e contestata anche ieri nelle stanze della Biblioteca del Presidente di Montecitorio, dove l’audizione è durata circa un’ora e mezza di fronte alla Commissione d’indagine presieduta dal forzista Giorgio Mulé. Per l’occasione il leader del Movimento 5 Stelle ha portato con sé centinaia di pagine di documenti per smontare la tesi sostenuta da Meloni.

Giuseppe Conte: “Voglio giustizia”

“L’attività presso il Giurì d’onore è secretata, quindi le dichiarazioni rilasciate rimangono segrete da parte mia – ha spiegato Conte ai giornalisti –  Però ho chiesto l’attivazione di questo Giurì d’onore perché ritengo che sia un istituto parlamentare di salvaguardia in ipotesi estreme in cui ci siano dichiarazioni false e menzognere che oggettivamente offendono l’onore e la reputazione non solo mio personale ma anche del mio governo rispetto a tutta l’attività di confronto trasparente, puntuale, fatto con il Parlamento quindi con tutti i cittadini. Mi rimetto ovviamente alle valutazioni che faranno i colleghi deputati, verso i quali ho pieno rispetto e piena fiducia. Io voglio giustizia”.

Conte dovrebbe quindi aver ripercorso l’iter parlamentare del dossier sul Fondo salva-Stati, mostrando di non aver agito “con il favore delle tenebre”. Questo perché da presidente del Consiglio è passato alle Camere 14 volte, tra comunicazioni e informative urgenti, sul tema del Mes e del procedimento di rafforzamento dell’unione bancaria e monetaria. Numero che lievita tra 30 e 40 se si considerano a livello di governo anche le audizioni in commissione e in Aula fatte dai ministri competenti, prima Giovanni Tria e poi Roberto Gualtieri. “E all’interno di tutti questi passaggi, viene fatto notare, la deputata Meloni era presente in Aula”.

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