Mappatella Beach è sempre stata la spiaggia popolare dei Napoletani, dei Napoletani che si bastano a cui basta la propria terra che sanno essere il centro del mondo, non sorprende che, sia diventata anche essa scenario d’imposizione dell’arte contemporanea, quell’arte contemporanea che nel nome del progetto che nega il processo, entra in conflitto con la medesima cultura popolare che vuole incarnare, dico questo perché nella scena dell’arte contemporanea, mi muovo come fossi sempre il bambino che scappava di casa in cerca della strada per scoprire il mondo, scugnizzo di strada ero, scugnizzo di strada resterò, anche avendo passato il mezzo secolo su questo pianeta, in questo corpo, e in questa identità ascritta che so non essere mia, ma che ho finito per amare per istinto di sopravvivenza per il regalo della vita che è stato donato alla mia energia. Premetto, non ho nulla contro Marinella Senatore, dal punto di vista generazionale e dell’imprinting culturale artistico nasciamo entrambi nello stesso tempo, e nella stessa generazione d’artisti napoletani, ma serviva un’installazione come il suo progetto a ricordare che siamo e conteniamo una moltitudine? Vero che mai come in questo millennio ci stiamo allontanando da noi noi stessi, ma vero anche che, sappiamo d’essere tante cose a seconda delle situazioni, sappiamo d’essere uniti da un’energia che ci fa danzare insieme in tante lingue del mondo nel nome di una geolocalizzazione culturale che non esiste, sappiamo che ciò che accomuna i sapiens di questo pianeta biologicamente è la specificità del linguaggio simbolico dell’arte di cui siamo tutti portatori.
Se lo sappiamo tutti, e tutti abbiamo lo stesso software di comprensione simbolica, a che serve questa installazione? Installazione che, come mi fa notare Elena Dell’Andrea, pittrice, artista e docente formatosi presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, in nulla si distinguerebbe da ordinarie luminarie estive, sul tema mi dice: “per l’arte contemporanea oramai il pubblico è abituato a tutto, tanto da non distinguere più nulla. Ci sarebbe un bel dibattito da cominciare/ricominciare. Bisognerebbe ridefinire il concetto di arte contemporanea. Cosa salviamo dalle esperienze del passato? Dove ci portano? Dove stiamo andando noi?” Forse dovrei chiederlo, non tanto al Sindaco Antonio Manfredi, ma al curatore Vincenzo Trione, colui che ha fatto si che la Venere degli Stracci di Pistoletto e il coccodrillo di Vezzoli arrivassero a Napoli, non ha colpa sulla brandidazzione di Napoli di Piazza Municipio (la postazione selfie è a cura dell’Architetto Tatafiore), ma mi chiedo, dove vuole andare a parare con la piazza più formata del pianeta sull’arte e la cultura contemporanea? Perché lavorare per analfabetizzare la più ricca della città Italiana d’arte, cultura e memoria? Non vi scrivo quanto è costato l’intervento, di questa discoteca illuminata a cielo aperto, con scorcio da Mappatella Beach sul Castel dell’Ovo, Antonio Manfredi lo sa, lo sa anche Vincenzo Trione, questo tipo d’interventi scenografici vale questi costi?
L’arte contemporanea è da sempre a Mappatella Beach, quotidianamente vado a farmi il bagno d’estate e inverno, sovente in mutande, tra tutte le lingue del mondo che attraversano la più globalizzate e cosmopolite delle città italiane, a chi serviva ricordarci che siamo tutti una moltitudine? A Vincenzo Trione?
di Mimmo Di Caterino