Molti mi conoscono come artista, per quanto e per come, mi sia occupato di sistema di mercato dell’arte, l’ho studiato e demonizzato al punto che per me non ha segreti, e in qualche modo ho risolto il mio problema con lui: non mi considero un professionista, anche perché se lo facessi lavorerei molto di meno, non crescerei come artista e non potrei curarmi con la terapia dell’arte quotidianamente senza dare di conto a nessuno. Accantonato il problema di cosa sia un artista o meno, visto che l’arte mi tiene in vita e mi cura con i suoi processi fattuali, che traduco in progetti (anche di vita) e prodotti di scopo (terapeutici e spirituali), da quando la mia vita ha attivato quel percorso (quasi istantaneo) che, mi ha riportato dal sud dell’isola a Napoli dopo ventiquattro anni, indago cosa sia la coscienza di un artista, configurandomela come qualcosa che opera fuori dal tempo, qualcosa di concreto e reale, nulla a che vedere con intelligenze artificiali e rappresentazioni virtuali.
La coscienza dell’arte, che s’esprime attraverso il suo linguaggio simbolico, è fuori dallo spazio e dal tempo, nulla a che vedere con la convenzione della contemporaneità. Coscienza e intelligenza d’artista si palesano attraverso l’esclusione e l’esclusività di chi la possiede, l’esclusività passa per la consapevolezza, che è quella cosa che mi ha portato a mutare e a dire: dell’effimero successo di quell’artista della mia generazione, non m’interessa nulla, ma il suo linguaggio si relaziona comunque al mio per entropia, il nostro lavoro dialetticamente accresce la consapevolezza, per questo la consapevolezza per gli artisti, a prescindere da come si posizionino, cresce col passare del tempo. Più vivono e si confrontano gli artisti, più cresce la coscienza del tutto, per questo non m’interessa nulla dopo mezzo secolo di vita, criticare questo o quell’artista per come opera o come si vende, l’arte come linguaggio simbolico non è duale, nel linguaggio simbolico dell’arte non esiste neanche l’identità, scindere Mimmo Di Caterino da Anselm Kiefer (prendetelo come esempio), è qualcosa che istupidisce la percezione del linguaggio simbolico, lo fa regredire.
La tecnologia e l’evoluzione dell’umano, si relazionano perché la coscienza non ha limiti di campo, è infinita, tecnica e tecnologia sono un suo microcosmico sottoinsieme, lo stile è quello che muove la coscienza, l’evoluzione è nello stile che veicola coscienza, non la tecnologia, la tecnica e la tecnologia lo fermano, la tecnica e la tecnologia sono imposizioni che allontanano dallo stile (che è il Sé).
L’intelligenza artificiale ci allontana dalla consapevolezza reale, l’entropia tra un artista e il Genius loci della comunità, per fortuna con digitale e intelligenza artificiale, lo si può rallentare, ma non stroncare. In questa seconda mia vita, in questo mio secondo mezzo secolo, ho chiaro che la consapevolezza è una questione di percorso personale, io posso muovermi attraverso il mio lavoro, ma per starmi dietro un altro dovrà fare tutto da solo: vibrazione, frequenza e sincronizzazione d’emisferi, questione d’armonia interiore.
di Mimmo Di Caterino