Gentile Direttore,
Come indubbiamente Lei comprenderà, per l’Ambasciatore di Russia è difficile, nella situazione attuale, convenire sia con la politica redazionale della Sua testata, sia con la selezione delle notizie internazionali pubblicate, sia con la loro interpretazione, soprattutto in merito all’attuale conflitto in Ucraina. Nondimeno, vorrei esprimerLe la mia gratitudine per aver affrontato – nell’editoriale «La sfida sul Sud Globale», pubblicato a Sua firma il 2 luglio scorso – il tema della formazione del mondo multipolare. Per contribuire alla discussione da Lei intrapresa, vorrei condividere alcuni pensieri.
Nel Suo articolo vengono valutati in modo altamente positivo i propositi delle autorità americane d’intensificare i rapporti bilaterali, umani e commerciali, con l’India, così che New Delhi – nell’ambito di «un mondo davvero multipolare» – contenda a Pechino la discussa leadership del «Sud Globale». Non può non dispiacere che – nel considerare una delle questioni più attuali e scottanti, impostasi con gran forza all’attenzione internazionale nel contesto dell’acuitasi contrapposizione tra la Russia e l’«Occidente collettivo», – il Suo autorevole giornale non abbia saputo eludere i vincoli di un approccio unilateralmente tendenzioso, che preclude la possibilità stessa di rapporti internazionali armonici e affrancati dalla psicologia dei blocchi e dalle ripartizioni geopolitiche.
Il Suo articolo è un’eloquente testimonianza di quanto i mezzi d’informazione occidentali non siano disposti a discostarsi dai postulati del mainstream per intraprendere un’analisi imparziale degli obiettivi processi di sviluppo mondiale che – lo si voglia o meno – già hanno condotto a una radicale trasformazione dello spazio geopolitico. Anche ricorrendo all’uso ardito dell’espressione «mondo davvero multipolare», l’Autore dell’editoriale, invece di attenersi alla logica analitica, sviluppandone costruttivamente il concetto, scivola impercettibilmente nella consueta narrativa bipolare, contrapponendo chi è con e chi è contro l’Occidente, vincolando lo sviluppo delle relazioni al cosiddetto rules based order che viene imposto in sostituzione delle norme universali del Diritto Internazionale. E qui si è davvero prossimi a violare more americano il principio di paritetica sovranità degli Stati, ripartendo il mondo in «democrazie» e «autocrazie», ovvero, in sostanza, a contrapporre gli «eletti», cui tutto e concesso, a «tutti gli altri», che agli «eletti» devono assoggettarsi.
L’autentico assetto mondiale multipolare e democratico, che non è la versione del «mondo davvero multipolare» del Direttore di «Repubblica», non si forma per buona o cattiva volontà di qualcuno, ma grazie al fatto che, nel generale processo evolutivo del mondo, sono comparsi nuovi centri di crescita economica, di potere finanziario e d’influenza politica: la Cina, l’India, il Brasile, ma anche la Turchia, l’Indonesia, le nazioni dell’ASEAN e i Paesi arabi del Golfo Persico. Polo importante del nuovo assetto mondiale sta divenendo l’Africa, in cui alcuni leader propongono di procedere all’industrializzazione e di introdurre nuove tecnologie, invece di restare al servizio dei coloni di un tempo. Ormai sono in pochi a ritenere che in questo nuovo assetto mondiale possa esserci posto per quell’obsoleto paradigma occidentale che ha garantito la fioritura dei «Paesi del miliardo d’oro», di una minoranza a scapito della maggioranza del mondo, ovvero del «Sud Globale» e dell’«Oriente Globale».
Essendo uno dei massimi centri dell’assetto mondiale multipolare e democratico che si va formando, la Russia, per quanto ciò sia sgradito alla Redazione di «La Repubblica», con la Cina, l’India, il Brasile, il Sudafrica e tutti i Paesi della maggioranza mondiale, continuerà a sviluppare le relazioni interazionali sulla base dello Statuto delle Nazioni Unite e dei principi universali del Diritto Internazionale. Per quanto concerne l’Eurasia, obiettivo di Mosca è trasformare quest’enorme continente in uno spazio unitario di pace, stabilità e fiducia reciproca. L’ampia cornice inclusiva della Grande Partnership Eurasiatica implica che convergano i potenziali di tutti gli Stati, delle organizzazioni regionali e delle unioni continentali – facendo capo all’Unione Economica Eurasiatica (UEE), alla SCO e all’Associazione delle Nazioni del Sud-est Asiatico (ASEAN) – e che convergano i progetti di sviluppo della UEE e dell’iniziativa cinese «La Nuova Via della Seta», ferma la possibilità che a questa partnership possano partecipare tutti gli Stati interessati е le organizzazioni multilaterali.
Non escludo che ai collaboratori del Suo giornale possa risultare utile conoscere i fondamenti della nuova Dottrina di Politica Estera della Federazione Russa recentemente approvata dal Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin: ciò potrebbe contribuire ad ampliare l’arsenale metodologico applicato all’analisi dei più importanti eventi della vita internazionale.
Distinti saluti,
Alexey PARAMONOV