Da tredici anni il giornalista australiano Julian Assange, fondatore dell’organizzazione giornalistica WikiLeaks, ha perso la libertà e rischia di essere estradato, nel giro di pochi mesi, da Londra negli Stati Uniti, chiuso per sempre in una prigione di massima sicurezza.
Il suo unico crimine? Aver rivelato la verità. Lui e i suoi colleghi di WikiLeaks hanno pubblicato documenti segreti del governo americano che hanno permesso di scoprire crimini di guerra e torture, dall’Afghanistan all’Iraq fino a Guantanamo.
Mentre Assange non è più un uomo libero dal 2010, i criminali che hanno commesso le atrocità denunciate da WikiLeaks si godono le loro famiglie indisturbati. È il mondo alla rovescia: i criminali liberi come l’aria e i giornalisti, che hanno avuto il coraggio di denunciarli, in prigione a vita.
Ma questo caso non è solo un’ingiustizia mostruosa. È un caso che deciderà dove andranno le nostre democrazie occidentali.
Per la prima volta nella storia degli Stati Uniti un giornalista verrà messo in prigione per aver rivelato informazioni vere e nel pubblico interesse. Se la più potente democrazia del mondo – che garantisce protezione costituzionale alla stampa – si comporta così, altre democrazie la seguiranno su questa strada.
E non è un caso che riguarda solo i giornalisti, riguarda ogni cittadino, perché abbiamo il diritto di sapere cosa fanno i nostri governi, in nome nostro e con i nostri soldi.
È per questo che tutte le più grandi organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani e della libertà di stampa, da Amnesty International e Human Rights Watch a Reporters Sans Frontières, hanno ufficialmente chiesto all’amministrazione USA e al presidente Biden di non estradare Assange e di archiviare il caso contro di lui e la sua organizzazione.
Si è mossa anche la politica. Centinaia di parlamentari di grandi democrazie, come l’Inghilterra, la Germania, il Brasile e gli Stati Uniti, hanno chiesto all’amministrazione Biden di chiudere il caso. La più recente iniziativa è dell’11 aprile scorso: ad attivarsi sono stati i membri del Congresso americano Rashida Tlaib, Alexandria Ocasio-Cortez, Jamaal Bowman, Cori Bush, Greg Casar, Ilhan Omar e Ayanna Pressley.
Colpisce il silenzio delle istituzioni italiane su questo caso. Mentre si moltiplicano gli appelli della società civile, l’ingiustizia mostruosa contro un uomo innocente e la distruzione della libertà di stampa sono fatti che sembrano non riguardare la Repubblica italiana e le sue istituzioni.
Chiediamo al governo e al Parlamento italiano di attivarsi in tutte le sedi, incluso il Parlamento Europeo, per scongiurare l’estradizione di Julian Assange e per arrivare alla chiusura del caso contro di lui e WikiLeaks.