Un viaggio tra carezze e schiaffi emotivi, che unisce all’esplorazione dei sentimenti e all’importanza di vivere pienamente ogni attimo della vita la denuncia sociale, affrontando temi come gli abusi sui minori nella Chiesa (con il brano che apre l’album, Abusando), preconcetti omofobi e ipocrisie sull’omosessualità (Ganimede), un’ironica invettiva sulla poca cura per la cosa pubblica (Degrado, anche nuovo singolo in rotazione radiofonica) e una provocazione voluta contro il politicamente corretto, con Angelo negro.
È il percorso costruito sui 12 brani di Tra la Carne e il Cielo, undicesimo album in studio del cantautore catanese Mario Venuti, appena uscito in in digitale e in cd (prossimamente in vinile), prodotto da Microclima.
“È un disco controcorrente – spiega il cantautore all’ANSA, che ritrova tra i coautori Kaballà e ha tra le new entry Lucariello in un album con la produzione artistica di Tony Canto -, innanzitutto nel sound, perché è un disco realmente suonato, con molto spazio alle chitarre, in un panorama dove il suono tende invece molto all’elettronica, e risulta a volte un po’ plastificato”. Venuti unisce l’amore di sempre per le sonorità brasiliane, il pop raffinato, un omaggio agli arrangiamenti ad ampio respiro e un tocco urban (in Napoli – Bahia con i feat di Lucariello, Fabiana Martone e Neney Santos). Inoltre “continuo a mettere insieme, come ho fatto in passato, temi sensibili, rivolti al sociale e canzoni d’amore”. Un brano di denuncia forte come Abusando (tra i versi “Cosa che non si può dire nel confessionale, quando è chi ti confessa che ti fa del male, neghi quello che succede e che ti lascia il vuoto, è un segreto”) è “venuto in maniera naturale. Mi accorgo, con la maturità, che il disimpegno in generale mi risulta un po’ più difficile. La realtà politica, sociale, mi interessa di più”. Sul tema degli abusi “l’atteggiamento della Chiesa resta un po’ ambiguo. Papa Francesco ha agito di più per condannarli, ma tanti sono ancora impuniti o insabbiati”. In Ganimede invece il cantautore stigmatizza alcuni preconcetti omofobici che ancora resistono: “Quando si tocca il tema dell’omosessualità, la retorica e il rischio del patetico sono sempre dentro l’angolo – commenta -.
Io ho voluto raccontare le ipocrisie e le repressioni che ancora sussistono, ad esempio nei Paesi islamici”. L’omaggio, nell’arrangiamento, a Bindi, “un artista che ammiro, non è casuale, se pensiamo anche al lungo tempo nel quale è stato ostracizzato proprio per la sua omosessualità” . In Degrado c’è una rabbia un po’ rassegnata: “L’ho scritta pensando a Catania ma in molti mi dicono che fa pensare a Roma… probabilmente per il riferimento alle buche nelle strade” dice sorridendo. Invece la scelta di un titolo come Angelo Negro, “viene anche dal fatto che se avessi intitolato il brano Angelo nero, avrebbe fatto pensare a un’atmosfera dark, che non c’entrava. Io parlo di un uomo che orgogliosamente rivendica le proprie origini e al tempo stesso è un angelo. Rispecchia la dualità tra la carne il cielo, che richiamo nel titolo all’album”. Il disco arriva in un panorama musicale “nel quale c’è un po’ di conformismo – osserva il cantautore che ora sta preparando il tour -. Mi sembra che vadano tutti dietro alla stessa palla, arriverà il momento in cui ci si stancherà di tutto questo urban”. Ci sono però anche artisti di grande valore “come Mahmood, che merita tutto il suo successo, per la vocalità, la presenza scenica, la capacità di flirtare con l’arte contemporanea”. Nella sua carriera ha partecipato più volte a Sanremo, ci tornerebbe? “Perché no? Ti fa vivere una settimana abbastanza stressante, hai addosso gli occhi di tutti, ma ti facilita anche molto”.