Master Key di Flub (dalle Pleiadi)

L'Opinione di Mimmo Di Caterino

Faccio fatica a vivere lo spirito di questo tempo, a comprenderne mutazioni “artistiche” e pseudoculturali in corso: non riesco a cambiare pelle e mutare, mi mancano le coordinate e i riferimenti per leggere (e reggere) dei “prodotti” come artistici.

Ho ascoltato “Master Key”, l’ultimo lavoro di Flub Lomax da Liverpool, prodotto da Nootempo del Komandante Quilo (on line trovate anche “Di Caterino interference”su Spotify, del collettivo Shardanix, prodotto dalla medesima etichetta), il videoclip e il sound fine ottanta e novanta, rimandano a suggestioni come il film”Nirvana” di Gabriele Salvatores, come a guardare indietro e oltre ciò che stiamo subendo in termini d’imposizione economica, culturale e sociale, non stiamo vivendo ciò che immaginavamo potesse essere la digitalizzazione interconnessa negli anni novanta in termini di possibilità, quello che poteva essere e non è stato diventa armonicamente ed esteticamente vintage e Amarcord, la falsa prospettiva viene idealizzata e sublimata, nessuna generazione è stata truffata come la nostra (di boomer permanentemente pervasi di senso d’inadeguatezza) e nel nome di questo truffa automistifichiamo.

Musica pura, armonia elettrificata che pone su un piano di comunicazione superiore, Flub ha un’unica colpa (come tutte le produzioni Nootempo), produrre musica di qualità tra l’isola e Liverpool, d’essere non letto da analfabeti massificati e omologati, in un panorama scatologico che sommerge, infanga e non scinde, incapace di leggere una composizione di qualità da tanto schifo. Artisti come Flub sono eroi mitologici, andrebbero tutelati con una narrazione dall’alto, per questo non basterà la mia opinione su Report Sardegna24 (non sono io l’Omero artistico di questi tempi), “siamo sommersi da immondizie musicali”, come cantava Franco Battiato “sul ponte sventola bandiera bianca”, e per fortuna Franco Battiato non ha ascoltato Nico Pandetta o il pezzo dell’estate Italo Disco.

Chi sa se un giorno qualcuno si prenderà la briga di scindere l’atomo della connessione collettiva, e di decriptare artisticamente la qualità di un prodotto rispetto a un altro, la vedo complicata in un mondo che ha celebrato dopo la sua morte a novantuno anni, Fernando Botero come il più grande pittore a artista Colombiano mai vissuto (a me pareva soltanto un onesto pittore celebrante opulenza bulimica, sovrapproduzione e accumulo di risorse in forma materiale biologicamente organica).

Siamo servi e vittime di un consumo collettivo interconnesso che, costringe ad assorbire inettitudine e mediocrità, d’emularla, simularla, integrarla e accettarla: per questo oggi come non mai, la formazione e l’alta formazione artistica assumono tratti esistenziali e resistenziali fondati sulla conservazione. della nostra memoria e identità di genere umano, sono l’unico strumento di viaggio in grado di portarci verso quell’altrove da cui proveniamo originariamente tutti, io non vedo l’ora di tornare nelle Pleiadi, a tal proposito, un mese fa mi venne segnalato tramite ANSA, uno studio che attesterebbe come le migliaia di vittime di Covid 19 nel Bergamasco, abbiano in comune da tre a sei geni arrivati dai Neanderthal, in particolare modo il genoma di Vindja, risalente a 50000 anni fa, questo genoma esporrebbe alla malattia in modalità maggiormente severa, sarà per questo che con l’Rh negativo sia il Covid che il vaccino (assunto in modalità imposta) m’abbiano sino a ora ignorato?

 

di Mimmo Di Caterino

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