Maurizio Battista, il mio show omaggio a varietà e talento

“Tre mesi, è una scommessa.

Ma, diciamolo, il Capodanno più bello a Roma sarà il mio”. Sorride sornione Maurizio Battista, che la scommessa per queste feste l’ha lanciata davvero: si chiama MB Show – Il Gran Varietà, suo nuovo spettacolo che per tre mesi, appunto, dall’11 dicembre al 16 febbraio sarà in scena al Teatro Olimpico, rilanciando il più scintillante dei generi, ogni settimana con compagni di viaggio diversi.

“E’ uno spettacolo che nasce da una mia esigenza – racconta il comico all’ANSA – Un giorno mi sono ritrovato a domandarmi: perché tutta una serie di artisti, bravi, di vario genere, sono finiti nel dimenticatoio? E perché un certo tipo di spettacolo viene buttato via? Sarà un viaggio nei momenti ‘belli’ del varietà, con una scenografia anni ’60 e il foyer che sembrerà un museo di meraviglie. Oltre ad Agostino Penna e un corpo di ballo di 15 elementi, con me avrò una galleria di guest star, dai Dik Dik a Emanuela Villa e poi un mimo francese, un grande illusionista. È gente che dieci, vent’anni fa ha trottato, erano grandi nomi e oggi sono passati in secondo piano perché arrivano questi sciamannati di TikTok – sorride – Cambieranno ogni settimana, per cui si può tornare a vedere lo spettacolo più volte, e una brochure li racconterà al pubblico. Voglio sia una bolla di felicità, un po’ stile Broadway, anche con una lacrimella perché ci sta”. Tra storie, risate, sentimenti e quel tocco di irriverenza, Battista per se’ ha ritagliato un doppio ruolo. “Sarò un po’ presentatore vecchio stile, quello che a sipario chiuso introduce la serata – dice – Ma ovviamente porto anche le mie ‘cose’, racconto il quotidiano, le polemiche di oggi. Faccio Maurizio Battista il neorealista, insomma: vado al bar, ascolto la signora che parla e me lo appunto”.

C’è un ospite che avrebbe voluto e resta irraggiungibile? “Aldo Fabrizi – risponde subito – L’ho conosciuto per motivi familiari. Anche lui in fondo era neorealista. Diceva: ve ne siete accorti che…? Ecco, io faccio quello che faceva lui”. La carriera di ogni artista, questo show lo dimostra, può incontrare alti e bassi. “Li ho avuti anche io – prosegue – ma nella vita coniugale: tre mogli. Nel lavoro, fortunatamente, sono sempre cresciuto, forse perché ci ho sempre investito e messo il cuore. Sarò romantico, ma il pubblico ti deve vedere come un amico, un fratello. Con questo spettacolo, che come gli altri verrà ripreso da Discovery, abbiamo pensato anche alla quota argento: 50 biglietti omaggio il martedì e mercoledì per gli ospiti dei centri anziani. Non sono Padre Pio, ma mi sembra giusto che chi ha dato qualcosa a questo mondo possa venire a divertirsi con noi. Alla fine di ogni serata, poi, mi piace scendere in platea e fare quell’oretta di foto e abbracci. È il motivo per cui si fa teatro, il contatto con il pubblico. Il cinema è carino, io lo faccio: tra gennaio e febbraio uscirà Tu quoque?, il film che ho scritto con Gianni Quinto, prodotto da noi e Ballandi e distribuito da Warner Bros. È la storia di un’amicizia al maschile tra due sessantenni: un signore sconfitto dei giorni nostri che dopo un incidente in motorino si ritrova nell’antica Roma e per caso salva la vita a Giulio Cesare nelle Idi di marzo. Scenografie pazzesche. Se posso dirlo, quasi meglio del Gladiatore. Però il teatro – riprende – è un’altra cosa. Chi è lì ha fatto una scelta. Ha speso tanto, sistemato i bambini, trovato parcheggio e per tre ore deve restare con te. Io li riconosco dal palco: se si alzano in fretta vanno al bagno, se hanno la borsa, c’è la babysitter che scappa. Il teatro è bello perché ci devi stare fisicamente. Per me è meglio della psicoterapia. Non diciamolo a nessuno – ride – ma dovrei pagare io il pubblico che me lo fa fare”.

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