“Mein Kampf”, Sabrina Mascia e Andrea Meloni portano in scena il testo di Stefano Massini: il 1 febbraio alle 21 al Teatro Alkestis

Il Mein Kampf nel testo integrale di Stefano Massini mette in luce una riflessione profonda sulla natura del male e sulla sua banalità e la figura di Adolf Hitler ne è un esempio emblematico. La Compagnia Teatro Laboratorio Alkestis CRS, con lo spettacolo in programma l’1 febbraio al Teatro Alkestis alle 21, ha scelto di affrontare queste tematiche attraverso una rilettura contemporanea di “Mein Kampf” e la figura del Führer.

Lo fa utilizzando forme moderne di comunicazione per provare a rendere il messaggio accessibile al pubblico attuale. Questo approccio permette di esplorare le fragilità e le vulnerabilità di Adolf, non solo come dittatore, ma come “individuo” che ha cercato un senso nel suo contesto sociale e storico.

Mein Kampf è in fondo solo l’autobiografia di un trentacinquenne delirante alla ricerca di capri espiatori e di sfoghi esistenziali, con l’aggravante di una spiccata propensione all’empatia, agli albori di un Novecento che nel carisma avrebbe eletto la propria apoteosi.

Nella rilettura della Compagnia Teatro Laboratorio Alkestis CRS del testo di Massini, l’approccio alla crescita di Adolf viene evidenziata nei passaggi cruciali nelle diverse fasi di vita: da adolescente hikikomori che dal suo auto-isolamento comunica con l’esterno dalla sua cameretta per raccontare “dei suoi dolori”; da ragazzo, che chiuso in una stanza a Vienna racconta le sue esperienze artistiche fallimentari; infine, da adulto che chiuso nella sua cella, racconta gli esordi della sua ascesa, ma questa volta attraverso la scrittura di pagine che diverranno “il libro”.

La critica di Primo Levi alla necessità della conoscenza per prevenire il ripetersi delle tragedie storiche è un punto cruciale. La rimozione e l’oblio non fanno altro che alimentare la mitologia di figure come Hitler, rendendole quasi invulnerabili e distaccate dalla realtà.

Non è la prima volta che la compagnia Teatro Laboratorio Alkestis CRS si confronta con queste tematiche, già nel 2010 con lo spettacolo Le 10 massime. Conseguenza di un’attenta e profonda analisi del “Mein Kampf” e del “Il diario segreto di Himmler”, primo tentativo di mettere in evidenza, come tentiamo di fare ora con questa nuova produzione, il concetto espresso da Hanna Arendt nel saggio la Banalità del male: Eichmann a Gerusalemme.

A un secolo di distanza da quando il leader dei nazisti dettava il suo manifesto politico in una cella di Landsberg am Lech, quelle pagine sono diventate uno dei simboli del male assoluto, e come tali sottoposte all’anatema laico che ne ha fatto un libro proibito. Questo cono d’ombra, figlio di una freudiana rimozione, ha contribuito ad accrescere la mitologia fino a quando, nel 2016, la Germania ha deciso di consentire nuovamente la distribuzione in libreria proprio per smontare la leggenda e percepirne gli echi nel presente, con la consapevolezza che niente può distruggere l’orrore più del senso critico, e dunque la riconversione del mostro nei perimetri della realtà.

Adolf Hitler, al contrario non era a corto di idee anzi, ma la sua banalità la riscontriamo nella devastante frustrazione, manifestatasi nel prepotente desiderio di riscatto sociale, nella incommensurabile mania di grandezza, ben descritta da Charlie Chaplin nella scena cult del suo capolavoro “Il dittatore”, come semplice esuberanza infantile.

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