Orde di turisti, nella Napoli città metropolitana:
polo per chiunque oggi voglia avere con l’arte contemporanea è Castel Sant’Elmo, un Castello di sette livelli, a cui s’accede dopo avere percorso un ponte levatoio, utilizzato in alcuni locali, come carcere a partire dal 1600.
Le viscere del Castello sono luoghi cupi, dove si disponevano le truppe in caso d’assedio (mirando al nemico attraverso le feritoie).
Piazza d’Armi è immensa, si svolgeva ritualmente la vita d’almeno duecento persone (ufficiali, soldati, operai, guardie, artigiani con famiglie, il castello era dotato di macelleria, taverna, officine per proiettili…), in Piazza d’Armi s’incontra l’installazione del 2008 di Sergio Fermariello, “Guerrieri”, dentro la quale si può entrare e sentirsi attraverso il rapporto figura sfondo (aperto alla luce naturale), assediato e in compagnia di guerrieri, come si fosse dentro una torretta di guardia.
Il Museo del Novecento napoletano è tra i più ricchi, colti, dinamici e dialettici del pianeta, nella seconda metà del novecento ci sono giganti, Maestri d’Accademia e di Liceo (tanti sono stati i miei e di mio padre) e artisti, che non sfigurerebbero (e non sfigurano) in qualsiasi altra realtà museale: Carmine Di Ruggiero, Tony Stefanucci, Mario Colucci, Mario Persico (Maestro della Patafasica), Guido Biasi, Bruno Starita, Augusto Perez (il più grande degli Scultori del novecento, non solo italiano), Armando De Stefano, Elio Washimps (nulla da invidiare a Picasso), Giuseppe Zevola, Domenico Spinosa, Giuseppe Pirozzi, Guido Tatafiore, Corrado Russo, Renato Barisani, Renato De Fusco, Antonio Venditti, Lello Lopez, Marisa Ciardiello, Giuseppe Desiato, Luigi Castellano (Luca, il compagno Luca), Raffaele Lippi, Giovanni Tizzano, Alberto Chiancone, Giuseppe Antonello Leone, Mario Cartiello (il suo “nudo” ha la sensualità e l’erotismo di un Modigliani), Eugenio Viti, Luigi Crisconio, Edoardo Giordano, Franco Girosi, Maurizio Valenzi, Vincenzo Ciardo, Saverio Gatto, Francesco Cangiullo (lo svecchiamento cominciò con il suo Futurismo a Piedigrotta), Guglielmo Peirce, Raffaele Castello, Guglielmo Roehrssen di Cammerata, Carlo Cocchia, Ernesto Tatafiore, Mimmo Paladino, Nino Longobardi, Bruno Di Bello, Gloria Pastore, Giuseppe Maraniello, Carlo Alfano, Enrico Ruotolo, Gerardo Di Fiore, Rosa Panaro, Natalino Zullo, Crescenzo Del Vecchio, Salvatore Emblema, Elio Mazzella, Rosaria Mazzella, Renato Barisani, Luigi Mazzella, Raffaele Uccella, Edoardo Pansini, Edoardo Curcio, Luigi Mainolfi, Antonio De Filippis, Angelo Casciello, Umberto Manzo, Ninì Sgambati, Maurizio Cannavacciuolo, Eugenio Giliberti, Matteo Fraterno, Sasà Giusto, Massimo Latte, Marianna Troise, Lino Fiorito, Salvatore Cotugno, Antonio Borrelli Quintino Scolavino Nicastro, Mathelda Balatresi, Gabriele Castaldo, Clara Rezzuti, Carmine Rezzuti, Salvatore Paladino, Bruno Di Bello, Mimmo Russo, Lucio Del Pezzo…, a questi vanno aggiunti i Maestri d’Accademia arrivati dall’altrove (Capogrossi, Bai, Mastroianni…).
Una panoramica più che esaustiva (non farò la polemica sull’assenza di mio padre, che si è tirato fuori (non smettendo un giorno di lavorare) da tutto questo, che va dalla “Secessione del 23” alle ondate Futuriste, dal ritorno all’ordine al Movimento Arte Concreta, dall’informale agli anni settanta, dalla Transavanguardia alle gallerie private che crescono alle sperimentazioni installativo ambientali, una ricchezza culturale che da sola giustifica un approccio all’arte tra i più dialettici e interlocutori sul pianeta.
Divertenti le installazioni permanenti di Chiara Coccorese (“La cura” del 2017) e Rosy Rox (“Tempo interiore” del 2013), entrambe riuscite interazioni che vivono con lo spazio e chi l’anima quotidianamente interagendo con esso.
Spostandosi un attimo nel Museo di San Martino il dialogo con la storia dei linguaggi dell’arti s’infittisce ancora di più, incontriamo Giuseppe Cesari (il Cavalier d’Arpino, maestro del Caravaggio), Micco Spadaro, Battistello Caracciolo, l’immenso Domenico Napoletano (con i suoi rimandi alla Cappella Sistina di Michelangelo), Pietro Bernini (il più grande dei manieristi barocchi, chiedetelo a Gian Lorenzo Bernini), Battistello Caracciolo, Antonio Corradini (con il bozzetto in terracotta del “Cristo velato”), Lorenzo Vaccaro, Cosimo Fanzago (altro tra i maggiori scultori del seicento, troppo sottovalutato Dali storici dell’arte, quando faranno sul serio il proprio lavoro?), Giuseppe Sanmartino (anche lui con un bozzetto), Andrea Vaccaro (eroticissima la sua Maddalena), Jusepe De Ribera (con il più sexy San Sebastiano della storia dell’arte), Nicola Fumo, il meraviglioso Chiostrino e tanto altro.
Che Napoli sia la più ricca delle città metropolitane in termini d’arte e cultura diffusa, mi pare evidente, nonostante il tentativo impositivo di storie dell’arte Toscano, Romano o Milano centriche.
Viene a Napoli e muore solo chi per invidia, non può vantare cotanta Alta Formazione Artistica diffusa, a proposito, a Cagliari non doveva andare depositato l’accordo con l’Accademia di Sassari in tal senso entro Dicembre?
Il Sindaco Paolo Truzzu, che sta terminando il suo mandato con la Storia dell’Arte Cagliaritana, che dice in tal senso?