Non c’è vicolo, né piazza, né angolo di Napoli che non sia stato evocato nella sconfinata discografia di Pino Daniele, l’artista che meglio ha saputo raccontare e incarnare lo spirito e la ricchezza di un popolo dalle mille sfaccettature. E quella ‘Napul’è mille culure’, da dieci anni, di colori, ne ha uno in meno. Era la notte tra il 4 e il 5 gennaio 2015 quando una notizia inaspettata sconvolse le vite dei napoletani e di tutti gli amanti della buona musica: un infarto nella sua tenuta in Toscana risultò fatale al già affaticato cuore di Pino Daniele, allora 60enne.
La scomparsa dell’’uomo in blues” che era, e resta, il simbolo di una generazione di artisti che hanno reso grande Napoli, fu accolta con un moto spontaneo capace di riversare in poche ore migliaia di persone in strada, tutti riuniti in una piazza Plebiscito gremita per dire al loro idolo “Ciao guagliò”.
Pino Daniele è stato un “Masaniello” moderno, un rivoluzionario a suo modo, unito al protagonista della rivolta napoletana del 1647 dall’amore per la sua gente, e il brano “Je so pazzo”, dedicato all’ultimo discorso pubblico di quel carismatico quanto controverso personaggio, né è la prova. Il primo album “Terra mia” del 1977 include anche “Na tazzulella e cafè’” un vero e proprio manifesto sociale con cui l’artista denunciava i “malaffari” delle istituzioni e spronava a non accontentarsi di piccole ricompense dietro le quali si è sempre celato l’interesse di mantenere il popolo in un’ignoranza tale da renderlo maggiormente controllabile.
Ma prima di iniziare la sua carriera da solista e scrivere testi indimenticabili come “Quanno chiove”, “A me me piace ‘o blues” e “Nun me scoccià”, Pino Daniele è stato in tutto e per tutto un “Musicante’“(come amava definirsi) suonando il basso nella band “Napoli Centrale”, il cui leader era il noto sassofonista napoletano James Senese. In un gioco fatto di continua ricerca e sperimentazione, che ha dato vita a sonorità che lo hanno reso riconoscibile e fatto apprezzare al grande pubblico, le sue melodie hanno impreziosito anche alcuni dei film di un altro grande pezzo della storia di Napoli: Massimo Troisi.
E a lui, che è stato e resterà per sempre un “Lazzaro felice”, il “Mascalzone latino” e “Nero a metà”, come i titoli di alcuni suoi lavori suggeriscono, viene ricordato dai napoletani anche con un dolce: il Pinuccio, il dolce che a partire dal 2016 i laboratori del caffè Gambrinus di piazza Trieste e Trento hanno deciso di realizzare in onore dell’indimenticabile cantautore partenopeo con un impasto che ricordasse il grande artista. L’impasto è composto da una base di sfogliatella riccia, con cioccolato bianco, panna, ricotta, pan di spagna e una copertura di cioccolato scuro, un dolce definito Nero a metà, omaggio al genere musicale di Pino Daniele.